Attività Giornalistica

A poche ore dall’ufficializzazione della nuova discesa in campo, affida in esclusiva a Panorama.it un’ampia serie di valutazioni. Non senza sorprese…

L’ex presidente della Regione Calabria e potente esponente della sinistra regionale, dopo aver ufficializzato la sua discesa in campo, non risparmia bordate ai maggiorenti del partito democratico, da Francesco Boccia, responsabile autonomie territoriali ed enti locali della segreteria nazionale («Solo un colloquio telefonico, una comunicazione burocratica, senza possibilità di esprimere valutazioni e punti di vista»), al segretario nazionale Enrico Letta: («si sarebbe dovuto esporre più direttamente e non nascondersi dietro un commissario regionale»). E ancora: «Gli avevo scritto, non mi ha mai risposto».

Tra «foreste monumentali perse per sempre» e «manovali delle fiamme», due intellettuali calabresi cercano di fare ordine tra atavici ritardi, interessi malavitosi dietro i roghi e sentimenti di rabbia emersi puntuali.

Un inferno di fuoco ha ridotto in cenere più di 11mila ettari di territorio boschivo in Calabria, oltre un terzo dei quali nella sola area dell’Aspromonte. Un’emergenza senza precedenti che ha spinto il premier in persona ad inviare a Reggio Calabria e Catanzaro il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. Ma il fuoco, questa volta non ha ridotto in cenere soltanto una parte dell’immenso patrimonio boschivo della regione: questa volta le fiamme sono arrivate sin dentro i comuni, costringendo centinaia di impauriti cittadini ad abbandonare precipitosamente le proprie abitazioni, i propri affetti, i propri averi. Bussando alle porte delle coscienze dei calabresi, quasi a scuoterli da un inspiegabile “sonno della ragione”. Senza dimenticare le quattro vittime di questo ennesimo attacco al cuore verde della Calabria.    

Intervista alla candidata alla presidenza della Regione Calabria, fondatrice del Centro di neurogenetica di Lamezia Terme: «Sarò il medico di 1.900.000 calabresi».   

Lo sblocco dello stallo in sanità, la valorizzazione delle giovani risorse, gli interventi per il lavoro che non c’è, la tutela dell’ecosistema e la nuova scommessa sul turismo sono le priorità su cui la 66enne direttrice del Centro regionale di ricerca neurogenetica ha poggiato la sua fresca candidatura alla guida della coalizione di centrosinistra.
   
Questa volta il centrosinistra calabrese dovrebbe aver fatto centro, a seguire la più classica delle regole, quella del “non c’è due senza tre” applicata al complicatissimo orizzonte regionale sul quale, negli ultimi mesi, erano calate se non proprio le tenebre, almeno allarmanti nuvoloni che avevano fatto mettere al “brutto” il barometro delle proprie condizioni. Non certo meteorologiche.

Si sbilancia, forte di un vantaggio stimato, a suo dire, di 20-25 punti, il candidato governatore calabrese del centrodestra che fissa una serie di priorità: «Stop alla sanità commissariata da Roma, intervento sulla gestione idrica, sul turismo da digitalizzare, sul sistema della depurazione e sulla disoccupazione che ha superato il 20% ». 

Cosentino, cinquantaduenne, laureato in scienze economiche, Roberto Occhiuto è stato eletto a capo dei deputati di Forza Italia lo scorso 10 marzo: il 16 giugno la coalizione del centrodestra lo ha designato candidato alla presidenza della Regione Calabria in vista dell’appuntamento elettorale del 3 e 4 ottobre: oltre che dalle tradizionali forze , a sostenerlo saranno l’ Udc, “Coraggio Italia” di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro e “Noi con l’Italia” di Maurizio Lupi. 

Il Sostituto procuratore generale di Torino spiega perché, anziché velocizzarsi, il sistema verrà sommerso da una marea di ricorsi. E i processi penali pendenti non riusciranno ad arrivare a sentenza. Sparisce anche la possibilità di realizzare un sistema accusatorio pieno 

«Così come licenziata dal Consiglio dei ministri, frutto dunque di compromessi tra le forze politiche che sostengono il governo, la riforma Cartabia non mantiene a pieno ciò che prometteva. E’ stata snaturata dagli emendamenti, che, un verso, impongono una prescrizione ad assetto variabile che non dà certezze sulla durata dei processi, mentre dall’altro verso segnano la fuga dal sistema accusatorio e, dunque, dai canoni costituzionali del giusto processo». 

Torna su