2018

La notizia ha del clamoroso: il Governatore della Calabria, Gerardo Mario Oliverio, del Partito democratico, è il destinatario di una delle 16 misure cautelari emesse dal Gip distrettuale Pietro Carè su richiesta del Procuratore distrettuale di Catanzaro Nicola Gratteri e dei sostituti Alessandro Prontera e Camillo Falvo, coordinati dai procuratori aggiunti Vincenzo Luberto e Vincenzo Capomolla, nell’ambito dell’inchiesta “Lande desolate”. Al presidente è stato imposto l’obbligo di dimora nel proprio comune di residenza, San Giovanni in Fiore, popoloso centro della Sila, nel cui territorio ora Oliverio dovrà rimanere in attesa degli sviluppi di un’inchiesta che è rimasta praticamente avvolta nel più stretto riserbo sino all’operazione di ieri della Guardia di Finanza di Cosenza e che ora rischia di far esplodere lo scontro politico a meno di un anno dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio: con l’automatica sospensione dalle funzioni del presidente della Regione, toccherà al vicepresidente Francesco Russo la guida amministrativa dell’ente calabrese.

Ad Olivero viene contestata l’accusa di abuso d’ufficio, mentre il principale filone d’inchiesta poggerebbe sull’ipotesi investigativa dell’abuso d’ufficio aggravato dal metodo mafioso, oltre che sul falso, sulla corruzione e sulla frode in pubbliche forniture per presunte irregolarità nell'affidamento di appalti pubblici nell’ambito della complessa inchiesta che quasi due anni fa aveva scosso gli ambienti imprenditoriali e mafiosi della regione Calabria.

Una pericolosa banda dedita ai furti con la tecnica della spaccata, dedita ad azioni criminali non solo in Calabria, nei comuni di Celico, Cosenza e Corigliano-Rossano, ma anche a Napoli e Taranto, dove la tecnica da alcuni anni ha assunto proporzioni allarmanti, è stata sgominata dai Carabinieri di Paola, nel cosentino. E così nove persone sono state tradotte in carcere in esecuzione di altrettante ordinanze di misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Paola Rosamaria Mesiti, su richiesta del Procuratore capo Pierpaolo Bruni e dei sostituti Antonio Lepre e Rossana Esposito. L’operazione ha preso il via alle prime luci dell’alba nei territori di Celico, Cosenza, Corigliano-Rossano, in Calabria, e Napoli, ed ha visto impegnati i militari della Compagnia di Paola, con il supporto logistico dei Comandi provinciali di Cosenza e Napoli, supportati dal nucleo Carabinieri cinofili di Vibo Valentia.

A tutti è stato contestato il reato di furto pluriaggravato continuato e in concorso: gli indagati, di nazionalità italiana e romena, sono Nelu Bala, Romania, 27 anni, Vandan Florin Silaghi, Romania 23 anni, Ciprian Andrei Lacatus Romania 25 anni, Gratian Angel Romania 41 anni, Giovanni Lavinio Silaghi 27 anni, Cosmin Darius Rostas 23 anni, Cosimo Berlingieri Cosenza 35 anni, Giovanni Spataro, Celico 56 anni, Marius Cutitar Romania 34 anni.

Quando si dice multinazionale del crimine. Ieri, alle 04.10 del mattino, una imponente operazione di polizia, coordinata dalla Direzionale nazionale antimafia, con a capo il procuratore Federico Cafiero De Raho, e dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, con la collaborazione delle polizie di Germania, Olanda, Belgio, Costa Rica e Colombia, ha portato all’arresto di novanta persone indagate per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti.

Il blitz, scattato a Bovalino, rappresenta l’esito di un certosino lavoro di intelligence condotto negli ultimi anni nell’ambito della Squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) attiva presso Eurojust -la Polizia giudiziaria europea, nata nel 1999 con sede a l’Aja- e che ha visto la sinergica collaborazione di magistratura e forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania: per l’Italia, l’operazione è stata condotta dalla Procura distrettuale di Reggio Calabria con il supporto della Squadra mobile di Reggio Calabria, del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato di Roma, della sezione Gruppo operativo anti-droga del Gruppo investigativo sulla criminalità organizzata del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, del Servizio centrale investigativo contro la criminalità organizzata della Guardia di Finanza di Roma e del Nucleo speciale di Polizia valutaria.

Non sappiamo ancora se ci troviamo di fronte ad un vero e proprio cambio di rotta della comunicazione giudiziaria, ma un dato è chiaro: in Calabria, un magistrato da sempre impegnato nella lotta al fenomeno ‘ndranghetistico si rivolge direttamente alla ‘ndrina su cui ha indagato e rispedisce al mittente una minaccia ricevuta durante un’udienza. Una vera e propria intimidazione alla quale si risponde dalle pagine di un libro. Il magistrato è Marisa Manzini, piemontese di Novara e lombarda di origini, oggi Procuratore aggiunto di Cosenza dopo essersi occupata, in qualità di Sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, del territorio di Vibo Valentia: quest’ultimo, una sorta di enorme promontorio pronto a tuffarsi nel mare blu cobalto -qui, a Capo Vaticano, lo scrittore veneto Giuseppe Berto decise di farsi seppellire- convive con alcune tra le più agguerrite famiglie di ‘ndrangheta, come quella dei Mancuso di Limbadi, piccolo centro dell’entroterra. Da queste parti, dicono, le famiglie controllano persino il respiro del territorio, il suo battito cardiaco, per non parlare della flebile economia che, dati alla mano, risulterebbe tra le più ristagnanti d’Italia.

 “Con decreto sottoscritto in data odierna (20 novembre, nda) ho indetto per il prossimo 26 maggio le elezioni per il rinnovo del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale, in coincidenza con le prossime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia”. Con questo comunicato, che certo non lascia molto all’immaginazione, la temperatura della politica lucana si è impennata improvvisamente. Flavia Franconi, professore ordinario di Farmacologia cellulare e molecolare presso il Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Sassari, dal 2014 assessore con delega alle Politiche per la persona e vicepresidente della Regione Basilicata, è -dallo scorso luglio- il presidente f.f. della regione, dopo le vicende giudiziarie che hanno portato ai domiciliari -poi revocati ad ottobre- il Governatore Marcello Pittella, attualmente destinatario di un divieto di soggiorno nel capoluogo lucano.

E’ una frase fatta, ma è vero che l’ecatombe calabrese poteva essere evitata
Bastava avvertire gli inesperti escursionisti dei pericoli di quel territorio

Non so quanti conoscessero, prima della tragedia di ieri, il Torrente Raganello, il suo canyon e, in fondo, l’intero massiccio del Pollino, l’area protetta più estesa d’Italia: perché, inutile nasconderlo, anche nelle tragedie, come nei pochi flebilissimi record di questa terra, la Calabria pare destinata a rimanere ancora sconosciuta ai più. Ma qui, lungo le gole del più meridionale canyon dell’Europa continentale, questa terra detiene uno dei suoi record difficilmente battibili sul piano paesaggistico, cristallizzato in uno splendido microsistema, impensabile a queste latitudini, come se il Padreterno si fosse impegnato allo spasimo per regalare scorci paradisiaci a questa già tumultuosa regione.

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