E al Quirinale? «Una personalità che sostenga l’azione del governo».

Alla vigilia dell’elezione del Presidente della Repubblica, Maurizio Cotta auspica «una necessaria continuità dell’azione di governo per il migliore utilizzo delle risorse del Pnrr, con il prossimo Presidente della Repubblica chiamato a sostenere l’azione dell’esecutivo». E si sbilancia sui nomi: «Marta Cartabia, Letizia Moratti, Pierferdinando Casini, Sabino Cassese, magari anche Franco Frattini».

 Il politologo analizza lo stato di salute dei partiti italiani, individuando criticità (tante) e positività (poche) di un sistema in crisi, al quale soltanto un «consenso che attraversi gli schieramenti» potrà porre freno.

Torinese di nascita, studi alla Sapienza di Roma, Maurizio Cotta (suo padre Sergio è stato un insigne filosofo del diritto) è professore emerito di scienza politica all’Università di Siena, dove ha trascorso gran parte della sua carriera universitaria che lo ha visto insegnare nei prestigiosi atenei di Heildelberg, Yale, Austin e Harvard, Mosca e Tomsk. Autore di centinaia di pubblicazioni e di manuali di scienza politica, ha di recente dato alle stampe Il sistema politico italiano (con L. Verzichelli), Il Mulino, 2020, The European Union through multiple crises (with P. Isernia), Routledge, 2020 e Handbook of Political Representation (with F. Russo), Edward Elgar, 2020.

Alle domande di Panorama.it, il politologo risponde con un’analisi sullo stato di salute dei partiti politici: «pur non scomodando Max Weber -esordisce Cotta -   per il quale i partiti erano associazioni fondate su un’adesione libera, con capi dotati di una posizione di potenza e militanti interessati a perseguire fini oggettivi o vantaggi personali, ancor oggi non è possibile prescindere da una loro rivalutazione, forse anche per comprenderne meglio le ragioni della crisi».     

Professore, l’elezione del Presidente della Repubblica è alle porte.

«Si tratta di un atto che dal punto di vista costituzionale dovrebbe essere abbastanza ordinario, ma che ha visto accrescere la sua importanza in questi ultimi anni, anche nell’ottica del processo di formazione dei governi. Il meccanismo elettivo è diventato più complesso in riferimento all’attuale sistema dei partiti che si sta frammentando in maniera del tutto significativa».

 

L’instabilità dei partiti si è ormai cristallizzata nel nostro Paese…

«Il dato oggettivo è che non emergono, almeno dalle ultime elezioni, maggioranze stabili in grado di garantire tranquillità sulla tenuta temporale dei diversi esecutivi, e di questo mutato clima risente, ovviamente, anche l’elezione del garante dell’unità nazionale, del quale a rigor di Costituzione, il ruolo è significativo nella successiva formazione dei governi».

 

In ogni caso non spetta al Presidente decidere l’orientamento politico dei governi…

«Certamente, si tratta di una scelta che dovrebbe discendere dalle determinazioni dei partiti rappresentati in Parlamento che concorrono alla sua nascita, ma non possiamo certo dimenticare che tutte le volte in cui un governo faccia fatica a nascere, la responsabilità sia, evidentemente, in capo agli stessi attori politici, alla loro fragilità, alla loro incertezza, alla complessità delle coalizioni. Come si giunge allora ad un governo?».

 

Anche alla crisi dei partiti mette freno l’azione del Presidente della Repubblica…

«In un certo senso, è ciò che accade. In questa situazione di incertezza e di impasse politico-costituzionale, l’azione del Presidente della Repubblica si espande quasi a tappare una falla e portare a termine questo processo elettivo». 

Senza dimenticare il potere di scioglimento delle Camere, ancora in capo al Presidente.

«In quest’ipotesi il Presidente esplica un suo importante ruolo istituzionale, carico di significati politici, nella misura in cui i partiti mancano nello svolgimento del proprio compito costituzionale, ovvero presentare al Presidente stesso delle proposte chiare e solide in vista della formazione del governo».

Il potere del Presidente si espande…

«In questo modo, oltre alle funzioni di garanzia e di rappresentanza dell’unità nazionale attribuitegli, la figura del Capo dello Stato si accresce di un significato più prettamente politico».

In che senso, ci scusi?

«Non voglio dire che il Presidente sia del tutto libero di comportarsi, absolutus dal dettato costituzionale, ma non vi è dubbio che negli ultimi anni abbia acquistato maggiori spazi di manovra che ne hanno fortemente rivalutato la propria posizione costituzionale».

Professore, le condizioni in cui versano i partiti non sono delle migliori…

«Direi cambiate in peggio: basta partire dalla principale funzione che sono chiamati a svolgere, quella di rappresentare gli orientamenti e i desideri della popolazione, della cittadinanza e di trasformarli in una successiva proposta di governo». 

Senza dimenticare la funzione esecutiva, quella di governo, appunto.

«Intesa come capacità di tradurre le attese della cittadinanza in proposte di governo, per assicurare la tanto agognata stabilità istituzionale, sufficiente per elaborare le politiche necessarie al Paese».

Siamo costretti a scomodare Max Weber…

«Pur lontani dalla celebre definizione del filosofo e sociologo tedesco, secondo cui i partiti si caratterizzavano per essere formalmente organizzati, basati su una partecipazione volontaria e orientati ad influenzare il potere, mi soffermerei sul fatto che la nostra democrazia rappresentativa funziona nella misura in cui i partiti siano in grado di abbinare proprio le due funzioni di rappresentanza e di governo».

In caso contrario?

«Venendo meno la mediazione dei partiti, capita che si debba ricorrere ad attori esterni per formare governi capaci di affrontare le diverse emergenze. E’ il caso dei governi tecnici, cui si è fatto ricorso, dal 1992, in ben quattro occasioni, con alla guida, rispettivamente, Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini, Mario Monti e Mario Draghi. E’ il classico esempio di debolezza del sistema dei partiti che non vediamo in via di risoluzione».

Dalla crisi allo scoraggiamento della cittadinanza il passo è breve.

«Un passo già compiuto, ahinoi. Si è ormai alimentato un clima di forte sfiducia dei cittadini nei confronti dei partiti politici: direi di disaffezione. E’ opportuno continuare ad avere speranza che i partiti riflettano su questo profilo e mettano in atto dei cambiamenti».

Alle soglie dell’elezione del Presidente della Repubblica questa crisi crea imbarazzo, inutile nasconderlo.

«Non si vede ancora oggi una personalità forte -per non essere pessimisti- e il fatto che i partiti abbiano accettato questa soluzione di un governo tecnico e lo sostengano pur al di là delle differenze esistenti tra loro, indica almeno la presa di coscienza che il Paese abbia assolutamente bisogno di una serie di scelte importanti».

A proposito di presa di coscienza…

«La linea temporale non più rimandabile saranno le prossime elezioni politiche, quelle che, a scadenza naturale, dovrebbero svolgersi nel 2023. O già in autunno di questo anno».

Veniamo all’attualità politica. Un nome per Palazzo Chigi. E perché…

«Io partirei dal governo, per il quale vedrei molto importante la continuazione dell’assetto attuale per affrontare la prosecuzione dell’azione sul PNRR, le scelte europee in materia di revisione del patto di stabilità e crescita e per essere pronti alle scelte internazionali richieste dalla crisi Ucraina».

E uno per il Quirinale…

«Il nome del Presidente della Repubblica sarebbe la conseguenza: una persona che sostenga e non ostacoli l’azione dell’esecutivo e intorno alla quale si possa raggiungere un consenso che attraversi gli schieramenti. Marta Cartabia, Letizia Moratti, Pierferdinando Casini, Sabino Cassese, magari Franco Frattini, per me sarebbero su questa linea».

Al Colle, il centro-destra ha candidato Silvio Berlusconi.

«Scelta sbagliata. Berlusconi ha troppi problemi, giudiziari e non, del passato per essere una scelta che possa trovare un ampio appoggio. E’ solo una candidatura di disturbo e il fatto che Berlusconi e Forza Italia ci insistano la rende poco saggia».

Lo schieramento opposto, al contrario, non ha ancora presentato nessuna candidatura…

«Mi pare ragionevole che il centro-destra faccia una sua proposta, ma se insiste su Berlusconi la parola passerà al centro-sinistra che deve però trovare una figura accettabile per buona parte del centro-destra».

In ogni caso, la richiesta è nella direzione di una figura di alto profilo morale e professionale. 

«Sì certo, non dobbiamo abbassare l’asticella».

Tra elezione presidenziale e prossime politiche, per i partiti è il momento della verità…

«Sarà proprio in occasione di questi appuntamenti che i partiti dovranno tirare le somme: hanno sostenuto un governo tecnico per affrontare le questioni emergenziali, ora tocca riprendere la guida del paese, abbandonando le piccole scaramucce per elaborare idee forti per il rinnovamento del Paese. Sarà un anno fondamentale, un vero stress test per i partiti…».

 

Panorama.it                                                             Egidio Lorito, 22/01/2022

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