GRATTERI-NICASO-Padrini-e-padroni

Incute subito la copertina. Una mano insanguinata ne stringe un’altra in una stretta che poco o nulla di augurale fa presagire. Poi, notando le giacche e due polsini bianchi, intuiamo che potrebbe trattarsi di due notabili, di due impettiti esponenti di chissà quale consorteria politico-affaristica: almeno questa è l’immagine forte che anche il più distratto osservatore ne ricava. “Colletti” o polsini bianchi, poco importa: il sangue cola copioso! Dello stesso colore del titolo e di un sottotiolo posizionato in alto quasi a rimarcare la forza “apicale” politico-affaristico-criminale che la ‘ndrangheta riesce ad impersonare  fino ad oggi, nel momento esatto in cui questo saggio vede la luce. Devono colpire subito il lettore -titolo e sottotitolo- di colore rosso-sangue, su uno sfondo nero, cupo, dal quale il bianco di quei polsini risalta immediatamente. “White collar crime”, criminalità dei colletti bianchi, direbbero i sociologi della devianza…

“Niente riesce a scalfirci. Neanche la <<giornaliera luce delle gazzette>> come la definiva ironicamente Giacomo Leopardi. C’è un’assuefazione che sconcerta, come se la corruzione e la mafia fossero tutt’uno con la bellezza struggente dei luoghi. Quello che è di tutti non appartiene a nessuno (…). Niente riesce a turbarci. La stessa legislazione utilizzata per indagare su centinaia di politici e imprenditori  negli anni Novanta è stata via via spazzata da governi più interessati a logiche di potere che al bene comune. La razza dei corruttori ha seguito Darwin. Si è evoluta per selezione naturale. E si è moltiplicata. Il contrasto alla corruzione e alla criminalità economica, come osserva il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, <<non è mai entrato nelle strategie e negli obiettivi di alcun governo>> (…). Una strategia antica che non conosce discriminazioni ideologiche e che nel tempo ha visto la ‘ndrangheta intrecciare rapporti con il Partito comunista italiano e con la destra eversiva, infiltrarsi nella pubblica amministrazione  di Comuni del Sud e del Nord e sostenere candidati del centrosinistra in Piemonte e del centrodestra in Lombardia (…)”.
Nicola Gratteri, Procuratore Capo della Repubblica di Catanzaro e -funzionalmente- a capo della stessa Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo calabrese è, da un trentennio uno dei magistrati italiani più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta, la mafia che di calabrese ha forse solo le antiche origini: perchè oggi -con perfetta coincidenza temporale- questo sodalizio criminale può contare su ramificazioni praticamente in ogni parte del globo, a voler ascoltare quanto sostiene Antonio Nicaso che del fenomeno è sicuramente uno dei massimi esperti mondiali, per aver dedicato alla materia una trentina di saggi -alcuni divenuti best-seller internazionali- grazie agli studi specifici sul fenomeno ed alla docenza presso alcune prestigiose istituzioni accademiche statunitensi e canadesi. C’è una genesi, a cavallo tra ‘800 e ‘900 che evidenzia la collaborazione tra ‘ndrangheta e colletti bianchi, tramite cui “(…) politica e malaffare si intrecciano in un contesto da estrema povertà: i braccianti sembrano <<crocifissi di carne e ossa>> e le donne <<impastatrici di liquirizia, sono peggio trattate che le schiave delle Antille>>(…),”: è il poeta e scrittore Vincenzo Padula, in un articolo pubblicato sul  “Bruzio”, testata fondata e diretta a Cosenza nel 1864. In tale condizione socio-economica e politico-culturale, i potentati criminali, già titolari di cospicue rendite economiche, riescono ad inserirsi nei gangli della vita sociale di una terra povera come poche: il tutto, all’ombra della cima per eccellenza dell’Aspromonte, quel Montalto, da sempre misterioso luogo di accadimenti storici, da Giuseppe Garibaldi sino a quel summit, del 26 ottobre del 1969, quando “(…) oltre un centinaio di uomini arrivano alla spicciolata a bordo di numerose automobili, in rappresentanza di un determinato paese o di un “locale di ‘ndrangheta(…)”. 
C’è una transizione, in corso per tutta la seconda metà del Novecento, con   ‘ndrangheta e colletti bianchi a strutturarsi tra loro grazie anche ai forti legami intercorrenti tra la massoneria e i servizi deviati, “(…)con i boss più autorevoli che incominciano a indossare i cappucci della massoneria, la Santa rappresenta una svolta epocale nella storia della ‘ndrangheta. Con la creazione di questa nuova “dote”, viene ammessa la doppia affiliazione: l’élite del sistema  criminale calabrese si garantisce l’entrata nelle logge segrete e la gestione del potere insieme a politici, professionisti e imprenditori (…)”.
Con la svolta storica del traffico di droga –“(…)le strutture dell’Ortomercato di Milano, il più grande d’Italia, <<come punto di riferimento logistico per incontri e per la gestione di grosse partite di sostanza stupefacenti>>(…)”- e degli omicidi eccellenti del Procuratore della Repubblica di Torino Bruno Caccia, dell’ex presidente dell’Ente Ferrovie Lodovico Ligato, ucciso nell’estate del 1989 a Bocale, sul litorale reggino e del Sostituto procuratore presso la Procura generale della Corte di Cassazione Antonio Scopelliti, ucciso nella sua Campo Calabro  nell’agosto di due anni dopo.
E c’è un’osmosi, infine: ‘ndrangheta e colletti bianchi saldano gli interessi convergenti tra potentati politico-criminali che assumono carattere di stabilità in Calabria come nel resto nella penisola italiana: una colonizzazione, (…) con la ‘ndrangheta che comincia a espandersi anche in altre regioni d’Italia e in Europa, in un RisiKo di investimenti difficile da quantificare, nonostante le stime per decine e decine di miliardi di euro suggerite da think tank, istituti di ricerca e università varie. Si tratta di un’organizzazione criminale che cresce e si espande dappertutto: Germania, Austria, Svizzera, Olanda, Francia, Spagna, Irlanda, Gran Bretagna, senza contare poi pressoché tutte le regioni italiane (…)”.
Fenomeno regionale? Macchè, con un Settentrione in pina metastasi “(…) come dimostrano i consigli comunali sciolti in Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia Romagna, ove la ‘ndrangheta è riuscita a creare solidi <<network di alleanze e di rapporti con i più diversi soggetti, da quelli istituzionali alle pubbliche amministrazioni, da segmenti professionali a esponenti dell’imprenditoria privata>>(…)”.   
Con tanti saluti alla vecchia immagine paesana della ‘ndrangheta, letteralmente consegnata alla storia: ora a gestire affari milionari -di euro, s’intende…- c’è  una zona grigia di professionisti al servizio delle “famiglie” con avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, bancari a contatto con il malaffare criminale. Con quel “coso”, nuova ‘ndrangheta o nuova massoneria deviata che sembra essere diventato, nel pieno dell’estate del 2016, la nuova immagine pubblica della consorteria, come dimostrano le più recenti operazioni dei mesi appena trascorsi: la super-cupola svelata da operazioni quali “Fata Morgana”, “Olimpia”, “Armonia”, “Crimine”, “Infinito”, a chiarire che “(…) se un tempo erano gli ‘ndranghetisti a chiedere favori ai politici, o magari a pretenderli, oggi sono questi ultimi che vanno a trovare boss e affiliati per garantirsi il loro sostegno elettorale (…)”.
Rassegnazione mista a sottovalutazione: “(…) Stupisce che ancora qualcuno si stupisca. La ‘ndrangheta è stata lungamente sottovalutata. Solo nel 2010 viene citata, al pari di Cosa Nostra e Camorra, nell’art. 416 bis del codice penale e solo nel 2016 la Cassazione ne riconosce l’unitarietà. Il dato più preoccupante riguarda, però, il livello di accettazione sociale raggiunto da questa organizzazione che, da tempo, dimostra di essere solida come il controllo che esercita sul territorio e fluida come gli affari che gestisce. L’accettazione sociale è una linfa che accresce la forza economica, il prestigio, il tessuto d’omertà e, conseguentemente, il potere della ‘ndrangheta, un’organizzazione che da oltre un secolo e mezzo si nutre di silenzi, omissioni, contatti, relazioni (…)”. 
Oggi è tempo dell’analisi e della comparazione:il tragico terremoto di Reggio Calabria nel 1908 e quanto sarebbe accaduto a L’Aquila centouno anni dopo. Le collusioni con la criminalità locale che portarono nel 1869 all’annullamento delle elezioni amministrative sempre a Reggio Calabria, e le infiltrazioni e gli scioglimenti in Piemonte ed in Lombardia, un secolo e mezzo dopo.
Corsi e ricorsi storici. Potere della Storia…
               
Per saperne di più: Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Padrini e padroni. Come la ‘ndrangheta è diventata classe dirigente, Mondadori, 2016, € 18.00
Cronache delle Calabrie, p. 24                                 Egidio Lorito, 05/12/2016

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