Questa volta forse non occorre tirare in ballo né Guido Piovene né Giuseppe Berto e neanche Cesare Pavese che calabresi non lo erano nemmeno lontanamente salvo, poi, innamorarsi di questa terra appena vi misero piede per i motivi più disparati: addirittura, Berto avrebbe scelto di farsi seppellire nella “sua” Capo Vaticano, dopo donchisciottesche battaglie in difesa di uno dei promontori più belli al mondo. E forse, risalendo geograficamente, non occorrerà neanche citare i grandi viaggiatori mittleuropei che tra il XVIII ed il XX secolo scelsero la Calabria come meta del tradizionale Bildungreise, quel viaggio di istruzione e formazione tipico delle classi agiate e colte delle società europee.

Questa volta, invece, basterà citare illustri calabresi “doc” che nel loro slancio estremo di amore per la propria terra, non di rado avrebbero fatto emergere, con chiari intenti pedagogici, il lato oscuro e misterioso di questa terra.
Corrado Alvaro, nel 1931, non perderà occasione per definirla “paese e gente difficile”, mentre toccherà a Leonida Répaci appellarla addirittura “amara”. E misteriosa, a dar credito alla fama che avvolgeva il paesaggio calabrese nelle pagine di intere generazioni di scopritori. Solo che oggi quel mistero paesaggistico ha drammaticamente lasciato il posto ad uno di stampo socio-politico ed insieme psico-antropologico: un atteggiamento che si pensava ormai consegnato alle cronache ma che, invece, si è nuovamente materializzato appena un paio di mesi addietro e del quale sono stato testimone diretto. L’occasione è stata la presentazione dell’ultimo saggio di Franco Roberti, il procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, “Il contrario della paura. Perché terrorismo islamico e mafia possono essere sconfitti” (Mondadori, 2016): il magistrato, interveniva, infatti, a Praia a Mare -settentrionale costa tirrenica cosentina- nell’ambito della decima edizione di una rassegna culturale che ormai rappresenta una certezza in fatto di incontri con le grandi firme della cultura nazionale. Essendone l’ideatore ed il conduttore, com’è giusto che fosse, avevo provveduto -non foss’altro per quel senso di garbo istituzionale che mi caratterizza- ad invitare i Sindaci del territorio, una linea di costa che corre dal confine con la lucana Maratea, sino a quello della provincia di Catanzaro, stretta tra monti -a tratti di dolomitica memoria- ed un mare che per 10 mesi all’anno ha dell’incredibile in fatto di bellezza, salvo poi -misteriosamente- “criticizzarsi” durante la stagione dei bagni. Per fortuna con eccezioni…
Un territorio servito da una insufficiente strada statale, da una linea ferrata che in molti punti sembra tuffarsi a mare, con uno straordinario “carico” in tema di giustizia ed una sanità forse già collassata. E con un paesaggio che sino a cinquant’anni addietro aveva dell’incredibile, per quanto la natura si fosse ingegnata per donarlo agli uomini, salvo poi essere ricambiata con oscenità di vario genere, tanto quegli stessi uomini si fossero a loro volta -nei cinquant’anni successivi- ingegnati per oltraggiarlo. Ma questo è un altro mistero…
Ebbene, su una trentina di primi cittadini invitati, soltanto due avevano risposto all’appello: quello di Praia che giocava in casa ed il collega di Scalea, eletto lo scorso giugno, cui spetta il non facile compito di traghettare la comunità locale almeno verso una tranquillità amministrativa, dopo le note e dolenti vicende che portarono nell’estate del 2013 alla decapitazione della precedente assise cittadina per contiguità mafiosa -ovvero ‘ndranghetistica- ed al successivo commissariamento dell’ente.  Nessun altro “primo cittadino” aveva risposto all’appello! Saranno stati il clima da vacanza agostana, gli impegni istituzionali, l’oggettiva difficoltà a raggiungere la sede dell’incontro o più semplicemente la circostanza che nessuno abbia effettivamente ricevuto l’invito. Poco importa, a questo punto: al di là del freddo dato di cronaca, l’elemento socio-politico ed insieme psico-antropologico che pare registrarsi è stato l’assenza dei rappresentanti politico-amministrativi locali ad un appuntamento che, certo, non avrebbe risolto lo scomodo problema della presenza della criminalità e del malaffare nell’area nord-tirrenica della Calabria -e nessuno lo ha mai pensato!- ma che si presentava, comunque, come una ghiotta occasione per incontrare e dialogare con il vertice del coordinamento investigativo italiano dell’antimafia. Presenza, discussione, analisi di strategie comuni. Exit strategy?  Per carità, non è che occorresse l’invito scritto: l’incontro era pubblico, da salotto estivo, ampiamente annunciato sui media locali e regionali.
Un’altra occasione persa, allora! Non foss’altro che appena due settimane prima dell’incontro, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro aveva inferto, con l’operazione “Frontiera”, un duro colpo al clan mafioso egemone nella stessa area. Peccato davvero. Alla prossima!                                                  

Cronache delle Calabrie, p. 29                                        Egidio Lorito, 26/10/2016

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