Mondadori, 2008, pp. 200, €. 17.50

“E’ bello morire per ciò in cui si crede;chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. Cosa dire: affascinante e profondo l’incipit di questo libro di Giuseppe Ayala -estratto da un’espressione di Paolo Borsellino- magistrato siciliano che ha fatto parte, per tutta l’attività, del Pool Antimafia di Palermo sino a rappresentare l’accusa durante i quasi due anni di maxi processo. Dal 1992 al 2006 ha ricoperto incarichi parlamentari come deputato e senatore nel corso di quattro legislature sino ad essere Sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2000. Già, la Giustizia… “(…)

Avevo ventotto anni e una gran voglia di schierarmi. La parte giusta mi sembrò quella della Sicilia che combatteva la mafia, non l’altra che la tollerava. Alle quattro di un mattino, in perfetta solitudine, decisi che il mio mestiere sarebbe stato un altro, quello del magistrato. Non persi tempo e vinsi il primo concorso utile”.Unaltro mestiere, rispetto a quello appena iniziato di avvocato, per di più in uno dei più importanti studi penalistici di Palermo. Un moto dell’animo, un sentimento di rivolta -dunque- ha fatto si che la toga indossata da Giuseppe Ayala fosse sempre nera, ma collocata dall’altra parte della “barricata”. Cosa porta un Magistrato di carriera, con un curriculum alto e prestigioso come quello di Peppino Ayala, dopo ben 18 anni passati sotto-scorta, a scrivere un libro drammatico e toccante come il suo, ce lo spiega lo stesso autore: “rientrato in magistratura dopo tanti anni di Parlamento, mi è capitato di redigere una sentenza di condanna per il furto aggravato di nove galline ovaiole e un gallo. Nel generale imbarazzo sono scoppiato a ridere. Ma non ero solo Ho sentito Giovanni e Paolo farlo con me. A crepapelle. Ho la presunzione di sapere esattamente quello che avrebbero detto: <>o qualcosa di simile. E poi, passando dal faceto al serio: <<>. Spero abbia avuto ragione. Mi è venuta così la voglia di scrivere, per me innanzitutto ma anche per chi mi leggerà (i venticinque di manzoniana memoria?), la storia di una grande amicizia nata per caso e vissuta tra successi e drammi. Che si ostina a non morire e che continua a farmi piangere, ma anche ridere. Con loro due, ancora”.
Una storia, quella di schierarsi dalla parte giusta, nata quasi trent’anni fa in una Pretura di provincia -Mussomeli, nella sua Caltanissetta- e proseguita in una Sicilia che di lì a poco avrebbe visto cadere, sotto i colpi della mafia, magistrati, carabinieri, poliziotti, politici onesti: uomini dello Stato che lo Stato aveva lasciato troppo soli. Mi piace ricordarli in rigoroso ordine alfabetico, un omaggio sincero ed affettuoso per chi ha pagato con la propria vita il semplice fatto di essersi schierato “dalla parte giusta”: Emanuele Basile, Antonino Cassarà, Rocco Chinnici, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Gaetano Costa, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Boris Giuliano, Pio La Torre, Piersanti Mattarella, Giuseppe Montana,  Francesca Morvillo, Emanuela Setti Carraro, Cesare Terranova. Più i tanti uomini della scorta, padri di famiglia strappati a suon di pallottole, di kalashnikov, di tritolo ai propri affetti più cari. Il tutto è Storia della nostra Italia… 

Il Tetto n. 274 LXVI- Novembre-Dicembre 2009                                                Egidio Lorito  

Torna su