Sottoscrivo in pieno quanto scritto da Francesco Bevilacqua, sottoforma di editoriale, giusto lo scorso numero. Con le sue ben note qualità dialettiche, immaginifiche -a metà tra l’arma seduttiva e l’arringa in perfetto stile forense… - Francesco ha anticipato a tutti i lettori di “Apollinea” il tema destinato a diventare il leit motiv da qui in avanti. E non ci vuole molto per capire il messaggio lanciato: c’è il rischio che dopo oltre diciassette anni la rivista possa chiudere! Non vorrei essere catastrofico, ma l’amarezza con cui Mimmo Sancineto mi ha confidato, appena qualche giorno addietro, la triste realtà in cui la nostra rivista si muove, mi fa preoccupare.

E non poco, perché ad “Apollinea” devo molto, in termini umani, culturali, professionali… 
Oltre venti anni fa -era la primavera del 1993- mi imbattei per caso in una rivista che subito attirò la mia attenzione di ventenne innamorato delle montagne delle mie Regioni, la Calabria e la Basilicata: “Pollino. Il mensile del Parco” fece subito breccia nella mia innata voglia di conoscere la storia, la cultura, le tradizioni delle sommità poste esattamente al confine di quelle che, per ragioni familiari, considero il mio territorio d’elezione. Contattai la redazione, conobbi Angelo Filomia che, con l’entusiasmo di chi aveva appena iniziato una nuova avventura editoriale, mi spiegò la novità. Non mi feci certo scappare l’occasione: amavo le montagne, le frequentavo praticamente da sempre, ora mi si offriva l’occasione di scrivere, nientemeno, che sul mensile del Parco Nazionale del Pollino, avviando -al contempo- anche la ventennale avventura di pubblicista. Bell’inizio… 
Ricordo ancora la presentazione ufficiale della rivista: domenica 23 maggio di quel 1993, presso il Salone del Palazzo di Città, alla presenza di Grazia Francescato, presidente nazionale del Wwf. Relazione accattivante, immaginifica anche lei, appena ritornata da una permanenza negli Usa dove pensava di aver conosciuto le montagne più belle del mondo, le Montagne Rocciose. Pensava: perché quando, come raccontò, si arrampicò sul Dolcedorme, quel pensiero mutò rapidamente prospettiva: a suo dire  -ed era un parere piuttosto autorevole…- le montagne più belle del modo le avevamo noi, a pochi passi dall’uscio di casa. Tornai a casa entusiasta più che mai: avrei scritto di montagna su una rivista della vicina Castrovillari che mi aveva accolto quella calda domenica, insieme ad una sonante multa per divieto di sosta, reo di aver parcheggiato la mia fiammante Y 10 lungo Corso Garibaldi, proprio di fronte al Municipio: ignoravo il divieto e furono cinquantamila lire! Ci stava anche la multa, tanto avrei iniziato a scrivere sulle pagine di un organo di stampa occupandomi di montagne. Il resto contava veramente poco.
Quell’esperienza durò circa tre anni: redigevo gli articoli a stampatello, perchè il computer non formava, ancora, oggetto di arredamento domestico e per la trasmissione avrei utilizzato la linea fax dell’edicola di fiducia. Scrissi di Aieta, dei Monti d’Orsomarso, del Sirino e dell’Alpi di Latronico: pesarono, indubbiamente, in quei primi articoli, le origini familiari e le escursioni che da anni conducevo su quelle montagne piuttosto “di famiglia”. Quell’avventura durò, almeno per me, sino al gennaio del 1996, quando lessi il mio nome tra i ringraziamenti dell’amico Filomia. Sinceramente, l’interruzione forzata della pubblicazione mi rattristò, impossibilitato, com’ero, a narrare le vicende delle mie montagne, proprio ora che quelle montagne, grazie a quella rivista, stavano iniziando a parlare. In realtà, si trattò più che altro di un “pit stop”, per rubare un termine caro ai cultori del mondo dell’automobilismo: infatti, già quella rivista aveva cooptato l’esperienza, allora venticinquennale, di un editore castrovillarese che dalla fine degli anni ’69 “faceva cultura”, contribuendo -come pochi altri nel panorama calabrese- a far conoscere ambiente, cultura e tradizioni di Calabria ben al di là dei suoi confini geografici. Non ci volle molto per “conquistare” la disponibilità di Mimmo Sancineto: un “curriculum”, un incontro nella sua rinomata galleria d’Arte e così avrei potuto continuare a scrivere per la montagna più settentrionale della Calabria. Dal 1998 ad oggi, posso orgogliosamente affermare di essere tra i più fedeli e fidati collaboratori di “Apollinea”, nome evocativo, suggestivo ed immaginifico anch’esso che la nuova impresa editoriale  aveva assunto alla fine del 1997: da allora, nel corso di ben 17 anni e 100 numeri, la “Rivista Bimestrale del Territorio del Parco Nazionale del Pollino” rappresenta, per me, come per chiunque continui ad esercitarsi sulle sue pagine, per i suoi lettori e per tutti coloro che anche solo per una volta vi si siano accostati, qualcosa di ben più intimo e profondo di un semplice organo di stampa. Sarà per le firme che vi si alternano, per l’autorevole “Comitato di Redazione” -nel quale Mimmo ha voluto inserirmi nel 2003- per la qualità dell’impaginazione, del design e della veste editoriale al quale l’amico Francesco Di Benedetto dedica le sue migliori energie; sarà per la varietà degli argomenti, per le splendide foto, per le accattivanti copertine. Sarà, insomma, per questo e per molto altro ancora che “Apollinea” si è conquistato uno spazio assolutamente unico nel panorama editoriale calabrese in fatto di riviste specializzate: uno spazio che nessuno, con questi risultati, aveva mai cercato di “occupare”, utilizzando energie culturali e professionali, sondando un territorio vasto ed articolato ma, al tempo stesso, piccolo per la condivisione di passioni e valori.
Su queste pagine, oggi patinate e riccamente corredate, un mondo intero ha trovato spazio e voce: non solo quello tradizionalmente caro alla montagna della Calabria più settentrionale e della Basilicata più meridionale, ma anche quello bagnato dai due mari che accarezzano, magicamente, la riva occidentale e quella orientale del Parco. Proprio da unico corrispondente “marino” della fascia costiera tirrenica, ho cercato di modulare le tematiche più spiccatamente “alte” -nel senso di “elevazione sul livello del mare”- con quelle “basse”, nel senso di “al livello del mare”: e così, sono partite inchieste, articoli, recensioni, interviste, racconti anche sul modo marino che fa da contorno al versante tirrenico del Pollino, da Tortora sino al confine più sud-occidentale del Parco, in quel di Belvedere Marittimo. Mi ha dato spazio, Mimmo,  compatibilmente con quello che si può avere in appena 6 numeri annui, come ogni buona rivista bimestrale può concedere. Ma questo spazio è cresciuto, per me, a dismisura: come nel luglio del 2005 quando “Il Coscile” -la casa editrice che Mimmo dirige e che edita “Apollinea”- pubblicò il mio “Tracce di Calabria”: non solo il titolo del libro dato alle stampe in quell’anno, ma -soprattutto- un progetto culturale, un omaggio alla percentuale calabrese delle mie radici, un inno alla natura, un invito ad amare questa terra, senza nasconderne -ovviamente- le negatività, gli interrogativi, i lati oscuri.
Quel libro -e lo dico con sincero orgoglio personale- oggi fa bella mostra di sé nelle biblioteche personali di centinaia di prestigiose firme del giornalismo italiano e della cultura in genere che l’hanno ricevuto o l’hanno trovato come copia-omaggio nel corso delle ultime nove estati, intervenendo, ad esempio, alle serate di “Praia, a mare con…” la rassegna d’autore che, con molta testardaggine -e spesso con sano coraggio…- organizzo qui a Praia. Tutti accolti tra la Calabria di Praia a Mare e la Basilicata di Maratea, a simboleggiare la mia calabro-lucanità, esattamente come quella del parco nazionale. Come quella di “Apollinea”. Il libro e la rivista: un binomio inscindibile, un prodotto editoriale da “spedire” il più lontano possibile dalla sua area di origine, affinchè mietesse successi e consensi.
Come è capitato in tante occasioni con l’amico Rolly Marchi, fin dentro il suo natìo Trentino, la sua Cortina -palcoscenico paesaggistico-mondano quasi obbligato- la sua Milano: ottant’anni anni di passioni ed impegno, i suoi “Topolini”, i libri dedicati, le Olimpiadi seguite in giro per il mondo, le manifestazioni inventate -Il Trofeo Topolino, su tutte- i suoi impegni umanitari, la sua creatura editoriale, “La Buona Neve”. Rivista patinata -quest’ultima- ricca di immagini, di sponsor altisonanti, di volti noti, di celebrità del bel mondo della montagna, cortinese e non solo. Dal 2008 era nata una singolare e stimolante triangolazione editoriale: La “Buona Neve” a Cortina, “Apollinea” nel Parco del Pollino, io a Praia a tessere i contatti. Ospitai Rolly nel 2008, durante la rassegna di quell’anno: nonostante vi mancasse da moltissimi, conosceva il pino loricato, il più meridionale “ghiacciaio” di’Italia, le discussioni sul Parco.  “Apollinea” l’ha ospitato in occasione dei suoi 90 anni, nel 2011 e lo scorso maggio, in occasione della pubblicazione di un nostalgico libro dell’editore Pellegrinon di Falcade, a due passi dai luoghi cari a Giovanni Paolo I.  Ogni mio intervento, su quella rivista, parlava del Pollino e di Apollinea, come  testimonia una spettacolare foto del versante meridionale del massiccio che faceva bella mostra di sè in un numero del gennaio 2008. Insomma: la Calabria ed il Pollino in bella mostra all’ombra delle Dolomiti -le montagne più belle del mondo…- nell’esclusiva Cortina, luogo di celebrità e mondanità.
Quando lo scorso 14 ottobre Rolly ci ha lasciato, a 92 anni, con una grinta ed una voglia di continuare senza eguali, ho sentito rompersi anche quel legame, tutto cuore ed affetti, tra “Apollinea” e “La Buona Neve”, tra il sud di Calabria e Lucania ed il nord dolomitico, veneto e trentino, che ha fatto del suo turismo colto, raffinato e … ricco un universo a parte. 
Con molto orgoglio, posso testimoniare quanto la nostra “Apollinea” sia stata apprezzata in realtà storicamente lontane dalle nostre, per cultura, tutela del territorio, valorizzazione della cultura locale. E chi mi legge, sa bene che nelle mie parole c’è gioia, ma anche molta rabbia…
Appena poche ore dopo la notizia della scomparsa dell’amico Rolly -scherzo del destino o messaggio da altre realtà…- Mimmo Sancineto mi telefona: quasi con le lacrime agli occhi -come se le avessi viste…- mi confida che “Apollinnea” non attraversa un gran bel periodo; la rivista non può reggersi, ormai, con le sole vendite, i pochi abbonamenti privati o i pochi coraggiosi sponsor.  Scopro che dei 56 Comuni del Parco, solo due  -si avete letto bene: solo 2 amministrazioni comunali…-  hanno un abbonamento attivo. Lo stesso Ente Parco non ha in corso l’abbonamento e non aiuta la rivista con altra forma di sussidio. Come le Province, come le Regioni interessate. Come tutti i soggetti istituzionali dovrebbero fare: avrebbero il dovere morale di fare! Rimango senza parole: rabbia e senso di tradimento si impadroniscono di me. Ma come: al nord, all’ombra delle Dolomiti, ad uno sconosciuto giovane del Sud, alla sua “Apolinnea”, al suo “Tracce di Calabria” sono stati stesi tappeti rossi - sono stati recapitati inviti, ospitalità, collaborazioni editoriali, e quant’altro- e poi, nella propria terra quello stesso giovane, la sua rivista, il suo libro incontrano le difficoltà di indicibili. Scusate, ma il “vergogna” è più che mai opportuno… Aggiungo dell’altro: da anni mi impegno a spedire “Apollinea” ad autori, editori, giornalisti, “Sindaci” che vivono ben al di sopra del fiume Po e ne ricevo congratulazioni, ringraziamenti, attestati di stima. Incoraggiamenti. Da anni faccio la stessa cosa soprattutto con i “Sindaci” dell’area in cui vivo e…ancora attendo risposte. Da anni… Ancora “vergogna!”
Consentitemelo: è una questione culturale. Di sensibilità, di stile, di educazione, di maniere, di approccio alla vita. Oltre che di capacità di vivere in comunità: quelle ben al di fuori delle paludate stanze del potere che ogni luogo del “potere” nostrano  ancora rappresenta. Sbagliando, assolutamente, approccio. Sociale, politico, amministrativo. Culturale… 
Se mai, i detentori del potere politico, a qualunque livello, dell’area settentrionale della Calabria come di quella meridionale della Basilicata, avranno la bontà di leggere questa mia riflessione, la utilizzino per un bell’esame di coscienza: potranno riflettere su come, scomparendo “Apollinea”, calerebbe il sipario culturale su un intero territorio, di colpo impoverito ancora di più.
D’accordo: non viviamo all’ombra delle Dolomiti, ma la natura non ci ha certo fatto mancare nulla. Anzi: ci ha regalato pure “amministratori pubblici” insensibili…   

Apollinea, anno XVII, n. 6 – Nov. Dic. 2013                         Egidio Lorito        

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