A tu per tu con...

Tra tutti gli autori presentati la scorsa estate, sinceramente era il solo che non conoscevo, nè di nome nè di fisionomia. Ed anche la circostanza in cui ci siamo incontrati, una calda sera di fine luglio -dopo che durante le due precedenti avevo condiviso la pedana con calibri quali Emanuele Severino, Luciano De Crescenzo, Pirgiorgio Odifreddi e Massimo Donà- la dice lunga su quanto sapessi di lui. Avevo avuto il suo numero di cellulare e dovevo avvertirlo su orario e luogo in cui avrebbe avuto luogo la presentazione del suo romanzo d’esordio: digito il numero, inizio a parlare e dopo un bel po’ di secondi di conversazione mi accorgo che Massimiliano si trovava a non più di un paio di metri di distanza da me, intento a conversare con lo sconosciuto moderatore della serata.

Risate a valanghe, chiaramente… Così è avvenuto l’incontro con questo giovane e simpatico scrittore napoletano che quest’anno si è classificato terzo alla finale del “Premio Strega”, dietro calibri quali Sandro Veronesi, primo con “Caos calmo” (Bompiani) e Rossana Rossanda, seconda con “La ragazza del secolo scorso” (Einaudi): come da tradizione, infatti, alla mezzanotte dello scorso 6 luglio, al Ninfeo di Villa Giulia a Roma, la giuria aveva decretato -sulla cinquina di autori giunti in finale- il vincitore, permettendo così al premio di continuare nella sua ormai sessantennale storia: l’appuntamento era stato istituito nel 1947 all’interno del salotto letterario di Maria Bellonci e Guido Alberti che, insieme agli “Amici della Domenica”, pensarono di porre le basi al primo tentativo culturale di ritorno ad una normalità comunitaria di persone ed idee all’indomani della fine del conflitto bellico: Ennio Flaiano, Cesare Pavese, Corrado Alvaro, Alberto Moravia, Mario Soldati, Giorgio Bassani, Elsa Morante, Dino Buzzati, Carlo Cassola, Raffaele La Capria, Mario Tobino, Natalia Ginzburg, Giovanni Arpino, Michele Prisco, Alberto Bevilacqua, Guido Piovene, Primo Levi, Umberto Eco, Goffredo Parise, Piero Citati, Domenico Rea, Enzo Siciliano, Dacia Maraini, sono stati alcuni prestigiosi autori che si sono aggiudicati il premio nel corso degli anni. Allora, Massimiliano, presentati! “Sono nato a Napoli e vivo a Roma, ma ritorno a casa almeno una volta ogni due mesi, per poter mangiare decentemente da “mammà”: a Napoli ho frequentato il liceo classico, ma dopo sono scappato. Sono stato a Parigi, a Bruxelles, addirittura a Montecarlo. E, dopo un paio di anni, ho trovato rifugio a Roma. Il primo libretto di poesie l’ho pubblicato a Firenze, il secondo nelle Marche, il terzo a Milano e il quarto pure. Nel 1996 è arrivato il Premio Eugenio Montale per la raccolta “Plaka” ed il “Sandro Penna” per l’inedito “La parola tonica”. Nel 2001, invece, sono stato incluso nel “Settimo Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea” edito da “Marcos y Marcos”;dal 1998 sono andati in scena alcuni di miei testi teatrali, e la traduzione in versi del “Sogno di una notte di mezza estate” con Claudio Santamaria e Giorgio Colangeli. Lo scorso febbraio, grazie al mio agente Enzo D’Elia, è uscito finalmente “L’amante proibita” che è stato letto anche dall’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ed è stato “notato” a Castelporziano sulla scrivania della First Lady, Clio Napolitano. Sono soddisfazioni! Il romanzo uscirà l’anno prossimo in Germania e in Spagna, e alla Fiera del Libro di Francoforte è stato richiesto in molti altri Paesi: ti terrò aggiornato”. Massimiliano, dopo aver scritto testi teatrali, tradotto testi e scritto poesie, sei passato alla narrativa:“e chissà a cos’altro ancora potrei passare. In realtà scrivo da sempre, la mia -credo- sia una passione ereditata. Sono nato in una casa piena di libri: mia madre è non solo un’accanita lettrice ma soprattutto un’accanita compratrice. Poi, essendole servito molto tempo per il lavoro e per crescere i figli, non sempre ha potuto leggere tutto quello che aveva comprato, ma almeno è riuscita a creare una fornita biblioteca con molti classici. Ricordo che da bambino già facevo dei “collage poetici”: rubavo versi a poesie diverse e li componevo insieme, facendone una poesia nuova. Naturalmente spacciavo questi “copia e incolla” per mie poesie, anche con un po’ di vergogna. Non sapevo ancora che il collage è un’opera originale, e anche un genere molto moderno. Tutto questo per dire che ho sempre non solo scritto, ma anche “creato” con la scrittura: già da bambino usavo la scrittura in una maniera sperimentale, audace. Da allora non mi sono mai fermato. E il passaggio alla narrativa è stato naturale, quasi necessario. “L’amante proibita” è rimasta vent’anni nel cassetto! “Però in quei vent’anni mica sono stato con le mani in mano: mi sono esercitato con racconti, articoli giornalistici, recensioni di film, e persino testi di canzoni. In prosa ho sempre scritto: eppure è vero, raggiungere il romanzo mi è costato molto lavoro. Forse si nasce con talento naturale per qualcosa, e a me, come ti dicevo, all’inizio veniva più “naturale” la forma poetica. Il talento nella prosa me lo sono dovuto inventare, ma volevo fortemente raccontare questa storia e trovare un linguaggio e una voce per ogni personaggio e non ho avuto pace finché non l’ho trovata. Poi naturalmente c’è voluto anche un po’ di tempo per pubblicare: le case editrici non erano tutte in fila alla mia porta, e sono andato io a bussare, e a volte ho avuto qualche porta sbattuta in faccia. Anche questo ha richiesto il suo tempo. Vent’anni volano…”. Un romanzo coraggioso “L’amante proibita” (Newton&Compton Editori- Delia Promozioni per la Cultura, 2006 € 7,90) che solo la lingua misurata e poetica e l’intensa forza narrativa di Massimiliano Palmese potevano rendere dolce e doloroso come Serifos all’alba, sempre più sfocata man mano che la nave si allontana dal porto: Carlo è in viaggio con Paula, donna affascinante e difficile: il loro tormentato rapporto sarà messo a dura prova da quest’ultima vacanza insieme. La coppia, infatti, tra una lite e l’altra, viene dirottata verso la bellezza aspra e abbacinante delle coste greche. A Serifos, isola meravigliosa, è custodito il segreto dell’infelicità di Carlo, l’origine di tutte le sue ossessioni: è qui, infatti, che vive Senia, la straniera;immerso nel fascino amaro della lingua e del carattere dei greci, mentre Paula prosciuga il fondo dell’ultimo bicchiere di whisky e un’americana racconta di un figlio con due padri, li, nel mezzo di questa storia dura come uno schiaffo, Carlo scoprirà finalmente la verità… “Sei con me nei miei interminabili viaggi, su isole che di sera mi fingo e di notte ho intorno. Ti sogno che dici: <>e forte mi stringi la mano mentre una cupa estate ci sovrasta” . Ed in effetti, sin dall’ incipit, Palmese sembra accompagnare il lettore in un’atmosfera da sogno -onirica- ed al contempo lirica, che senza fatica ci rimanda a suoni, colori, sapori di quelle isole greche che la classicità ha consegnato alla Storia: un Paradiso fortunatamente non perduto, almeno nella dimensione che a noi interessa. Almeno per la stessa ambientazione del nostro autore. Dove è nata l’ispirazione per scrivere questo romanzo? “Devo dire che l’intreccio si è presentato alla mente abbastanza formato, quasi come un’intuizione. E’ la storia di un ragazzo che deve superare un trauma sentimentale giovanile per poter crescere e diventare uomo. E questo accade durante un viaggio in Grecia insieme alla sua compagna, dove il protagonista ritrova il suo vecchio amore, l’amante proibita del titolo, ma si accorge che è impossibile rivivere il passato. Lo schema è abbastanza semplice, ma nel racconto sono entrate poi altre “ispirazioni”, spunti tratti da vite vissute da altri, da persone che ho conosciuto, da storie di amici. E soprattutto dai miei viaggi in Grecia. Non è difficile avere un’intuizione, ma poi si tratta da metterla su carta in forma di storia, di arricchirla e complicarla, con la vita e con la poesia in eguale misura”. C’è una vena autobiografica? “I viaggi in Grecia, come ti dicevo, sono assolutamente reali. E anche la persona con cui li ho fatti è reale. Abbiamo avuto a volte difficoltà, liti, contrasti e problemi come quelli che hanno Carlo e Paula in viaggio. Da un lato il viaggio sicuramente mette a nudo molte delle proprie abitudini più intime, ti fa scoprire nell’altra persona dei lati -anche oscuri- che non conoscevi: forse prima di sposarsi sarebbe bene viaggiare molto in coppia, e magari fare il viaggio di nozze prima, e non dopo… D’altro canto i due protagonisti sembrano amarsi molto, ma non riuscire ad essere felici per un problema più profondo. Mi viene in mente “Armance” di Stendhal, un romanzo che è quasi un giallo sentimentale in cui si scopre lentamente perché il protagonista non riesca a fare felice la donna che ama. Carlo e Paula si amano ma insieme non riescono ad essere felici, e viaggiare farà loro scoprire perché. E forse anche guarire. A parte il viaggio, anche nella parte della vita familiare di Carlo ho messo molte cose della mia infanzia. Una famiglia non semplice, con un padre assente e “traditore”, e come location la casa delle vacanze, dove spesso le tensioni scoppiano in liti e in drammi. E poi la reazione di un bambino, di un adolescente a tutto questo: vedere i genitori odiarsi non è proprio il modo più sano di crescere. E’ naturale che da grandi si abbia qualche problema ad essere felici a propria volta. Sarebbe strano il contrario”. Veniamo all’ambientazione: la Grecia, il mondo classico, il Mediterraneo. “Il Mediterraneo è casa mia, visto che sono napoletano. Quando sono stato a Verona a presentare il libro, mi hanno fatto notare che c’è almeno mezza Italia che è affascinata da queste storie di mare proprio perché al di sopra di Roma gli italiani non si sentono più mediterranei: si sentono longobardi, celtici, o chissà cos’altro. Io mi sento ancora figlio di Ulisse, e quindi oltre alla terra sono legato al mare. Una nave, un’isola, sono luoghi che sento come casa mia. La Grecia non mi aveva fatto una grande impressione al liceo: ho studiato meglio la cultura classica da solo, dopo i trent’anni, e ne ho scoperto tutta la ricchezza. Purtroppo la scuola riduce tutto a nozione, ed è raro che qualcosa ti possa colpire davvero, che ti possa far innamorare tanto da spingerti ad approfondire le ricerche. Solo quando sono stato libero dagli obblighi scolastici ho iniziato a studiare davvero, e il mondo classico è stato tra i miei primi obiettivi”. Hai seguito modelli di ispirazione per questo romanzo? “Non credo che un autore si possa “ispirare” ad un altro autore. E non credo che debba. Anzi se lo fa, qualcosa non quadra. Ti può piacere la prosa di qualcuno, puoi amare un libro o un’opera nel suo complesso, o ti può affascinare la parabola esistenziale di un poeta. Ma ispirarsi a qualcun altro è impossibile per un autore che voglia essere se stesso. Semmai si deve fare l’opposto: quanto più ti piace uno scrittore, tanto meno bisogna ispirarsi a lui. A me possono piacere Fitzgerald o Capote, ma se mi facessi influenzare dal loro stile sarebbe la fine. Bisogna anzi allontanarsi dai propri modelli. Inquinarli, modificarli, corrompersi”. Ti aspettavi il successo de “L’amante proibita”? “Figuriamoci! Intanto, venendo dalla poesia, non avevo assolutamente idea di cosa aspettarmi. In poesia un libro di successo vende al massimo mille copie. E poi da esordiente non conoscevo affatto il vero mondo editoriale: la promozione, la distribuzione, l’attesa spasmodica delle recensioni del “Corriere della Sera” e de “Il Sole24Ore”, e nemmeno il circo dei premi letterari, le gelosie tra scrittori, i veleni degli editori. Partecipando al “Premio Strega” ho visto in giro persone che sembravano chiedersi chi fosse quest’esordiente e che ci facesse là. Persone che se se avessero saputo di farla franca mi avrebbero ucciso seduta stante, lanciandomi un coltello. Quello letterario è un mondo cristallizzato, con dei potentati molto solidi: il nuovo li terrorizza. Detto questo, ho avuto la mia rivincita: sono entrato in competizione tra undici, poi nella “cinquina”, e infine sono arrivato terzo, giusto alle spalle dei due favoritissimi, Veronesi e Rossanda. Hanno detto che sono “il vincitore morale”. Mi fa piacere come definizione, perché ho lottato per arrivarci, e l’ho fatto in modo onesto, con vent’anni di lavoro. Gli altri non so”. Hai altri romanzi nel cassetto? Sto lavorando a una storia nuova ambientata alla fine degli anni ‘80, quando decisi di lasciare Napoli e venire a fare la mia boheme a Roma. Roma mi sembrava allora - e per molti versi ancora lo è - il posto dove venire a realizzare i propri sogni, soprattutto in ambito artistico: la Roma di Cinecittà, della televisioni, delle centinaia di teatri. Un mondo di possibilità ma che spesso dà luogo a ricatti difficili da digerire. Un mondo che ha molti aspetti volgari e di sopraffazione (vedi ancora oggi gli scandali “vallettopoli” alla Rai, o quello della cocaina in Parlamento). Roma è una calamita che ti attrae, ma che difficilmente ti trattiene per sempre, anzi può anche respingerti violentemente se non entri nei ranghi. Io ho sempre esplorato ambienti diversi, per mia curiosità personale. Ma tutte le volte che cercando ho trovato il marcio, mi ha sempre disgustato e allontanato. Fortunatamente non volevo fare davvero l’attore o il regista quando sono arrivato a Roma. E anzi oggi faccio lo scrittore così posso vendicarmi, raccontando il dramma di un mondo corrotto”.
La Provincia Cosentina “A tu per tu con…” n. 8
Egidio Lorito, 02-12-2006

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