A tu per tu con...

“Non ho origini siciliane, io sono siciliano, geneticamente parlando, dalla testa ai piedi”. Mi stoppa così questo quarantatreenne “siciliano” di Agira, in provincia di Enna, filosofo per studi, libraio ed insegnante di liceo per professioni d’esordio, evidentemente poi abbandonate per dedicarsi a quella divorante passione nella quale sta riuscendo piuttosto bene, se il suo esordio mondadoriano, “Le uova del drago” (2005), è stato uno dei casi letterari dello scorso anno e se la sua attività lo vede oggi penna di punta di “Panorama” dopo esserlo stato anche de “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, del quale parla così bene come solo un figlio ed un allievo possono parlare del proprio padre e maestro.

Il contatto mi è facilitato grazie al suo conterraneo Mughini che giusto un anno addietro, nel presentarlo ai lettori del “Corriere della Sera Magazine” non aveva dubbi nel descriverlo: “è dandy, terrone, filomusulmano, nazifascista: valenze, ognuna delle quali dà sapore al suo narrare. In più è pazzo, di quella pazzia senza la quale Dino Campana non avrebbe dato vita ai Canti Orfici, una sequenza poetica come mai ce n’era stata l’eguale nella nostra letteratura(…)”. E quando mi presento, sempre in punta di piedi -anzi di penna- credo abbiano pesato sia la mia amicizia con il buon Giampiero sia il fatto di pubblicare questa intervista su un quotidiano cosentino che il nostro ha avuto modo di conoscere e citare… “Credo che i siciliani siano geneticamente orientati alla scrittura, quasi un fatto razziale: ricordo una bellissima fotografia -per me importante e famosa almeno quanto quella che ritraeva Paolo Borsellino e Giovanni Falcone- che mostrava Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino: e la didascalia che accompagna la foto recitava esattamente: <> Ed allora, visto che sono siciliano verace, dalla testa ai piedi, anch’io scrivo… E pungente o ironica che sia la mia scrittura -per come l’hanno definita- poco importa se poi realmente forte è la mia connotazione caricaturale, quel pathos che il lettore avverte da ciò che scrivo, che è anche altro rispetto al successo editoriale dello scorso anno. Tutto torna all’origine: la nostra letteratura nazionale, storicamente, è stata forgiata dai siciliani…” Questa breve chiacchierata con Buttafuoco avviene via cellulare, mezzo tecnicamente poco agevole perché poi la qualità della registrazione ne risente anche perchè sono costretto a sentire e risentire quel supporto digitale: ma l’occasione è ghiotta, oltre che programmata; quando lo contatto è a Bologna e non appena gli dichiaro, a sua legittima richiesta, la testata su cui verrà pubblicata quest’intervista e l’origine del prefisso teleselettivo, mi blocca subito: “pensa un po’, un siciliano che si trova contemporaneamente in compagnia di due calabresi: sono qui con un tuo famosissimo conterraneo, un intellettuale calabrese”. Gli chiedo di passarmi questo misterioso “intellettuale” e mi ritrovo quel Mario Caligiuri cui mi legano sentimenti di affetto e stima personale, prima che professionale: non è cosa da poco aver trasformato il borgo di Soveria Mannelli nel Comune più informatizzato d’Italia. Una bella coincidenza… Buttafuoco ha iniziato l’attività di giornalista presso alcune storiche e prestigiose testate come “Il Roma” di Napoli, “Il Secolo d’Italia”, “L’Indipendente”, “Il Giornale” ed “Il Foglio”, quotidiano cui collabora sin dalla sua nascita: e a questo punto si precipita a puntualizzare che “sono orgogliosamente allievo di Giuliano Ferrara, cui va il merito -ne sono convinto- di aver tirato su il miglior giornale mai edito nel panorama occidentale europeo!”. Pietrangelo, oggi sei giornalista di punta di Panorama…: “per me è un grande privilegio, un punto di arrivo che mi dà enorme energia soprattutto perché scrivere su un settimanale mi permette di vivere la notizia per un lungo lasso di tempo: il quotidiano, sta quasi diventando un notiziario flash sul quale le notizie vivono appena ventiquattro ore e poi le pagine che le contenevano servono per incartarci il pesce sui banchi dei mercati”. Oltre che tradizionali articoli di cultura ed attualità Buttafuoco cura, sul news-magazine del Gruppo Mondadori, una simpatica rubrica dal titolo emblematico di “Dispacci”, in cui Buttafuoco, con arguzia, ironia, e pungenti stilettate, affronta temi della cronaca settimanale, rivisitati secondo il suo personalissimo stile. Un esempio? L’ultimo dispaccio: “finirà così. Finirà che Gorge Bush invierà i marines a Napoli, metterà la parola fine all’emergenza criminalità e così farà un’altra esportazione della democrazia in Medio Oriente (tanto lui non è ferrato in geografia). Non potendo abbattere statue di Saddam Hussein, si procederà con quelle di San Gennaro, verrà bombardato Castel dell’Ovo e lì troveranno un’arma di distruzione di massa. Finirà che porteranno Paris Hilton al teatro San Carlo, canterà <> e sarà l’apoteosi di Napoli Milionaria. E con gli americani e i paisà, come ufficiale di collegamento, ci sarà il senatore Sergio De Gregorio, napoletano nel mondo”. Hai vinto il Premio Guido Piovene, intitolato al grande intellettuale veneto che amava il Sud: “i veneti sono sostanzialmente quanto di più affine al nostro essere siciliani: penso ad un grande accoppiamento di due capolavori “Signore e Signori e “Sedotta e abbandonata” di Pietro Germi: questo grande regista ha saputo raccontare la stessa Italia vista attraverso le due lenti di uno stesso paio di occhiali: una lente per il Veneto e l’altra per la Sicilia. Per quanto riguarda Guido Piovene, si è trattato di intellettuale a tutto tondo che amava un luogo dopo averlo visitato: ricordo i suoi viaggi nell’Italia meridionale…”. Aggiungo -e non potrei non farlo, visti alcuni miei scritti sull’argomento- che molte delle pagine che Piovene scrisse sulla Calabria, alcune decine di anni fa, all’indomani dei suo celebre viaggio nella nostra terra, andrebbero rilette: ne verrebbe fuori l’immagine poetica di una terra del tutto diversa da quella che vediamo e leggiamo oggi; e credo, sinceramente, che i calabresi buoni e giusti vorrebbero ritornare indietro: ma questa è un’altra storia! Un tempo eri insegnate di filosofia! “non ho disagio ad ammetterlo: non ho didattica, non ero portato all’insegnamento: ci voleva una bravura ed una dedizione che sinceramente non ho. Questo è quanto”. E un tempo sei stato anche libraio… “Anche questo passaggio è stato dettato da una regola sociologica: l’emigrazione. Nel momento in cui ho abbandonato la Sicilia, si è chiusa anche quell’altra attività”. La pubblicistica contemporanea presenta Pietrangelo Buttafuoco come “militante di destra”: non c’è citazione sulla rete internet, come su un qualunque richiamo cartaceo che non presenti Buttafuoco come ideologicamente vicino a questa parte del pensiero politico italiano. C’è da precisare che fu proprio Giuliano Ferrara a definirlo “fascistissimo” sulle page di “Panorama” Ma come stanno realmente le cose? E qui Buttafuoco è ancora più secco: “guarda, io ideologicamente non credo di avere più un riferimento: se proprio dovessi scegliere una casacca, chiaramente non sarebbe comunista!” Di destra o meno, quando lo scorso anno il suo romanzo balzò al vertice delle classifiche di vendite, il caso editoriale scoppiò, inutile negarlo, con tanti saluti alla vecchia teoria che vuole la sinistra egemone incontrastata della cultura nazionale: anzi Buttafuoco dichiarò, all’epoca, che non solo l’egemonia culturale della sinistra non esisteva ma che -soprattutto- il caso nato intorno al suo improvviso successo era un altro: che un giornalista fosse riuscito a sfondare a suon di copie in un terreno non suo -quello della narrativa- e ciò grazie non solo all’apparato promozionale della Mondadori, al lancio pubblicitario ed all’infinita serie di recensioni, quanto a quel mezzo singolare, poco apprezzato negli ambienti editoriali ufficiali, che va sotto il nome di “passaparola”, grazie al quale è possibile conquistare l’esercito dei lettori, soprattutto giovani, che al contrario poco facilmente sarebbe raggiungibili con i canali ufficiali. E nel suo caso il passaparola, evidentemente, deve aver funzionato… E veniamo a “Le uova del drago”: se Buttafuoco è un siciliano a tutto tondo, colmo della sua sicilianità, uno di quelli -e per la conferma sono bastati una decina di minuti di conversazione telefonica- che la sua terra se la porta cucita addosso; se tutto questo è vero, il suo romanzo d’esordio non poteva che essere ambientato in questa regione che un famoso spot televisivo di qualche anno fa definì “isola in un mare di luce”. Siamo tra il 1943 ed il 1947: la storia si dipana intorno al personaggio di Eughenia Lenbach, una donna-soldato che Hitler invia in Sicilia come spia insieme ad un gruppo di undici musulmani travestiti da frati, con il compito di reclutare giovani generazioni che avrebbero dovuto guidare la riscossa nel caso di sconfitta del Reich: nel linguaggio codicistico dell’operazione, avrebbero dovuto, appunto, nascondere le uova del Drago; Eugenia è bella ed enigmatica, addestrata all’azione, forse il miglior soldato tedesco; ma è pur sempre un soldato, anzi un’eroina vincente con alle spalle una storia intricata: nel porto di New York aveva diretto le operazioni di spionaggio e tutte le navi alleate erano cadute nella trappole delle forze del Reich, ma il destino sembrò girarle le spalle quando venne scoperta: il mafioso Lucky Luciano era stato incaricato dall’ Fbi di eliminarla: si salva e nell’estate del 1943 viene paracadutata presso un accampamento germanico sulle Madonne, punto di partenza per la sua nuova missione. “La Mondadori mi aveva chiesto di mettere mano ad un libro, un romanzo per l’esattezza: ho iniziato a saccheggiare fatti ed accadimenti risalenti alla memoria storica di quella parte della mia terra e così è venuto fuori questo romanzo, che si basa su episodi realmente accaduti: nulla nasce dalla mia fantasia, ogni avvenimento reale è stato trasfigurato seguendo il canovaccio di un falso storico e molti dei personaggi portano i nomi delle marionette dell’Opera dei pupi, per fare di questa storia vera un teatro”. Dicevo di Cosenza e dell’ambiente calabrese che il nostro conosce non poco: anzi, meno di un anno fa, nella rubrica “I viaggi di Buttafuoco” -sempre sulle pagine di “Panorama”- scrisse un lungo articolo -“Cosenza, il chiapas al peperoncino” in cui cercava di penetrare nei meandri della città bruzia tra solidarietà no-global ed utopia ribelle, giornali e telecamere, antica storia e moderna università: “(…) la geografia non inganni: Cosenza non è periferia di alcunché, ne di Castrovillari, che vanta nella Taverna di Alia, il più esclusivo ristorante dell’orbe terracqueo e manco di Corigliano Calabro, che pure è la tana natìa del più elegante italiano vivente, ossia Aroldo Tieri. Cosenza è un fior di centro. E’ tutta una geometrica potenza che si sprigiona dalla favola laica, ghibellina e massonica, della città fortezza della solidarietà no-global con fregatura incorporata: Padre Pio vi ha fatto svariate apparizioni ma San Francesco di Paola, lungimirante, disse: <>. E se ne andò in Francia”. Ed in quel lungo articolo, con il solito pungente stile che lo caratterizza, Buttafuoco ci mise tutto, ma proprio tutto, dalla politica, alle professioni, dal giornalismo, ai vizi, da una galleria fotografica di ben noti personaggi -tra cui una direttrice di quotidiano non sconosciuta all’autore di quest’intervista!- ai tanti aneddoti che fanno della città bruzia un singolare unicum nel panorama italiano in cui “si ragionano cose che solo gli spiriti conoscono, gli spiriti illuminati della ragione forse, o quelli dell’utopia e, razza a parte, i cosentini sono stati allevati dalla Cassa di Risparmio più che dalla Cassa per il Mezzogiorno.(…) Qui vince la teoria del margine, adesso si ragionano cose che solo gli spiriti conoscono, gli spiriti illuminati della ragione forse, o quelli dell’utopia. Tutti cosentini”. A proposito di viaggi: gli articoli di Buttafuoco toccano praticamente tutti i temi della nostra contemporaneità italica, dalla cronaca, al costume socio-politico, dalla letteratura alla poesia, senza disdegnare argomenti ben più leggeri: come un simpatico collage, dal titolo “99 + uno (a sorpresa): i cento personaggi sui quali inevitabilmente inciamperemo quest’estate”. Era l’estate del 2005, e quest’arguta penna di “Panorama” passava in rassegna, appunto, abitudini, riti e passatempi di cento personaggi -tra la politica, la cultura, il giornalismo e la televisione- che avrebbero accompagnato l’estate degli italiani: un modo sotf di incontrare chi fa tendenza nel nostro Paese. La telefonata volge al termine: Buttafuoco si è concesso alle mie pacate domande (“volevo avvisarti che in molte interviste viene fuori che io avrei due passioni, le donne e l’Opera: ma la seconda è del tutto falsa!”): ma un’osservazione, vista la contiguità geografica e l’età giovane dell’interlocutore, gliela sottopongo: la Sicilia ed il resto del Sud potrebbero veleggiare su altri lidi: invece… “Meglio non affrontare questo argomento, perché cadremmo nella solita retorica che incontro tutte le volte in cui, in Italia, ci si avvicina a questo problema. Sinceramente, affronterei il caso in maniera più drastica…”.
La Provincia Cosentina --“A tu per tu con…”-- n. 5
Egidio Lorito, 11-11-2006

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