“Così vicini e così lontani da quel che siamo oggi, gli anni Settanta sono stati in Italia anni drammatici ma anche di grande trasformazione della società e del costume: dalla bomba di Piazza Fontana al rapimento e all’agonia di Aldo Moro, mai una società occidentale aveva sopportato un tale stillicidio quotidiano di attentati, di agguati a uomo, di omicidi dettati dall’odio politico. L’Italia si spaccò in due (…)”. Giampiero Mughini nel suo “Il grande disordine. I nostri indimenticabili anni Settanta” (Mondadori, 1998), riassumeva così la realtà di un Paese praticamente in guerra: e quel decennio registrò un anno consegnato drammaticamente agli annali della nostra storia civile come una sorta di picco massimo della violenza urbana.

Il 1977 sta tutto lì, in quell’ immagine-simbolo immortalata dall’obiettivo drammaticamente puntato su un giovane che il 14 maggio, in Via De Amicis a Milano, dava fuoco ad una P38, alimentando quella folle ideologia violenta e sanguinaria che già da un decennio seminava lutti e disastri. Nei cinque anni di maggiore virulenza del fenomeno terroristico, dal 1976 al 1980, si sono avuti complessivamente 9673 atti di violenza, con una media di oltre 5 episodi al giorno. Sono passati trent’anni, ma lo spettro del 1977 sembra aleggiare ancora dietro l’angolo: una storia recente su cui la verità giudiziaria non è ancora riuscita ad alzare il suo definitivo sipario. Ma l’Italia, per fortuna, era anche altro: una televisione che avrebbe regalato momenti indimenticabili con Gesù di Nazareth, Scommettiamo?, Happy Days, Portobello, Arsenio Lupin, Non Stop;colonne sonore con Battisti, Tozzi, Matia Bazar, Donna Summer, Umberto Balsamo, Edoardo Bennato, Angelo Branduardi, Baglioni, Steve Wonder, Mina, Pink Floyd ed una editoria piena zeppa di Leonardo Sciascia, Alberto Arbasino, Natalia Ginzburg, Elias Canetti, Erich Fromm, Bernard Henry Lévy, Mario Soldati ed Enzo Biagi. E al cinema? King Kong, Bud Spencer e Terence Hill, Rocky, Taxi Driver, Il Corsaro Nero, Cassandra Crossing: e poi tutti a ballare sulle note de La febbre del sabato sera. Durante quegli interminabili 365 giorni, gli italiani iniziano a fare conoscenza di termini come gambizzazione, gruppuscolo, stragismo, sinistrese, autonomo, indiano metropolitano, punk, no future: insomma, l’onda lunga del ’68 sembrava non essere mai arretrata. Non so se “quegli anni sono tra noi” come ha efficacemente scritto Massimo Fini: i miei otto-anni-otto che a mala pena raggiungevo in quel periodo erano poca cosa per dare un senso a quei drammatici 365 giorni.

Eco di Basilicata anno VI° n. 05
Egidio Lorito

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