Ci sono articoli che mai vorrei “scrivere”. E’ come se non avessi proprio voglia di digitare la testiera del computer, come se in quel momento questa fedele compagna di vita professionale proprio non la volessi neanche sfiorare. Sarà anche perché con Josè avevo “scritto” di cultura, di natura, di libri, di passioni comuni che avevo condiviso sin dal momento della nostra conoscenza.

Lo ricordo ancora quel giorno, vicinissimo, se rapportato a chi lo conosceva, nella sua Maratea, da una vita: capitò il sette aprile del 2002, a Tortora, su invito di Aleardo Dino Fulco -che Preside era stato al Magistrale della cittadina lucana- in occasione della presentazione della ristampa delle “Memorie storiche di Tortora”, un testo fondamentale scritto nel 1960 dal padre Amedeo. Tra gli interventi notai quello di un tal “professore Josè Mario Cernicchiaro, preside e presidente del “Centro Culturale Maratea”: ad essere sincero, quel nome mi evocò immediatamente ricordi calcistici, visto che non pochi erano i calciatori portoghesi o brasiliani conosciuti con quella assonante giustapposizione.
La mia giovane curiosità, in effetti, non tardò a farsi sentire al momento della presentazione, quando fu proprio il preside a raccontarmi delle sue vicende familiari. Poi frasi di circostanza, scambio di recapiti, la presentazione della moglie Tina e saluti di arrivederci. Tutto lì? Assolutamente no, perché nel corso dei successivi anni, sino al dicembre del 2009, le occasioni di incontro sono state così tante che francamente oggi farei difficoltà a ricordarle, non foss’altro per la nascita di una delle mie più belle e floride amicizie che potevo vantare e che ora, grazie a Tina, sicuramente continuerò ad avere. Perché con Josè ho proprio parlato di tutto: di Maratea, cui sono legato per una infinità di motivi; di libri, di convegni, di incontri di studio, di progetti di vario genere, di politica, di elezioni comunali, ma alla fine si andava sempre a finire sul nostro argomento preferito, quello culturale, senza mai cadere nello snobismo intellettuale o nel presenzialismo di facciata che caratterizza spesso le nostre latitudini. Da quell’anno abbiamo “animato” assieme innumerevoli presentazioni di libri, comprese le tante serate che ho avuto il piacere di coordinare di quel “Maratea. Quando il pane aveva il sapore del mare” che proprio sua moglie Tina, da perfetta non-marateota, aveva inteso dedicare alla comunità che l’aveva adottata agli inizi degli anni ‘60. Detto francamente -e il titolo di “professore” o di “preside” fu sostituito quasi subito dal più familiare e colloquiale “tu”- non sembravano separaci vent’anni: mi appariva come un fratello maggiore sempre a disposizione per qualunque dubbio “scolastico”, per qualunque chiarimento “culturale” o molto più semplicemente di “vita locale”, lui che evidentemente i cosiddetti “equilibri politici” li conosceva molto più di me. Mi parlava del suo grave problema di salute con una semplicità disarmante, anche dal letto del San Carlo di Potenza dove l’avevo raggiunto telefonicamente all’indomani di un suo urgente ricovero, pronto per ripartire alla volta di Udine, per un trapianto mai arrivato. C’è chi ha perso un marito, chi un “secondo” padre, chi un dirigente scolastico: io, semplicemente un fraterno amico…         

L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania - anno X n. 2 - 15 gennaio 2010
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com

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