Edizioni Il Coscile, Castrovillari (CS), luglio 2005, € 15.00 pp. 382
ISBN 88-87482-69-1
Edizioni il Coscile, C.so Garibaldi, 110 - 87012 Castrovillari (CS)
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...Tutti gli articoli di seguito riprodotti sono stati pubblicati sulle pagine de “La Provincia Cosentina” nel biennio 2003-2004. In particolare l’articolo che apre l’opera, “Dino: l’isola dell’Avvocato”, comparve il 28 gennaio del 2003 sulla pagina “Alto Tirreno”, come omaggio che pensai di rendere alla memoria di Gianni Agnelli -l’Avvocato, appunto- scomparso solo qualche giorno prima (all’alba del 24 gennaio, per l’esattezza): il motivo di tale omaggio è facile leggerlo in questo pezzo d’apertura. Nel febbraio di quel 2003, su sollecitazione dell’allora direttore responsabile, Marco Sodano, iniziai a collaborare alla nascente Pagina Culturale, come ampliamento dell’offerta informativa che il nostro quotidiano si era prefissato di rendere ai lettori: insieme ai contributi degli altri colleghi impegnati sulla stessa pagina, redassi otto articoli pubblicati tra il febbraio ed il giugno di quell’anno -qui di seguito riprodotti come “Pagina Culturale”- che, in un certo senso, mi servirono come palestra per il successivo impegno. Questo passaggio si materializzò quando l’allora redazione culturale ideò la rubrica giornaliera “Tracce: la cultura, gli spettacoli, le idee”, ovvero alcune pagine interamente dedicate alla Calabria ed alla provincia di Cosenza in particolare, tese all’approfondimento dei più svariati itinerari: culturali, paesaggistico-ambientali, enogastronomici, musicali, teatrali, poetici.

Prefazione
Nel licenziare alla stampa il mio “Ritratto di Calabria.Uomini, evi ed eventi” (Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2001), ritenni di dedicare il mio lavoro, in particolare, ai giovani di Calabria, nell’auspicio che la memoria del passato e la lezione del presente suscitassero nei loro spiriti una nuova inquietudine, per una salutare provocazione o -meglio ancora- per una responsabile sfida. Leggere ora i 143 articoli di un giovane studioso calabrese, quale Egidio Lorito, è per me come ricevere un gradito quanto entusiasmante riscontro a distanza, ma in ogni accenno ed accento, intelligente e puntuale, a quella mia istanza, colma di consapevole fiducia. Egidio Lorito, infatti, non si è risparmiato nella ricerca estesa ed intensa, i cui esiti, illuminanti e proficui, sono in questi articoli come distillati nella puntualizzazione severa di questioni e problemi e nella rappresentazione serena di aspetti e momenti della complessa realtà calabrese di cui egli conosce, in senso fisico e metaforico, le spiagge assolate, che si popolano troppo pochi giorni del lungo anno avaro, come le cime innevate ed aspre -quanto possa essere l’Asperos- e come le grotte e gli anfratti sulle cui pareti i padri antichi scrissero l’incunabolo delle nostra cultura. E partendo proprio dalla contemplazione della Natura che, per suo conto, ripaga sempre con la gioia del Bello o l’inquietudine del Sublime, passa, con la pazienza del certosino, il piglio del filologo, la tensione del sociologo alla lettura dei temi che furono e sono degli uomini, protagonisti e comparse di quella grande scena che ha per ribalta la terra dei Brettii e per fondale il mare che reinventa il mito di Ulisse, per sconfinare e confondersi nei cieli di Pitagora e Platone. Così Egidio Lorito, che interroga il Mistero -senza mai tentarlo- ripercorre itinerari già da altri esplorati, ma attraversa anche boschi e deserti ancora poco conosciuti e di tutti fa un racconto partecipe e coinvolgente che, al di là della valutazione critica -certamente positiva- costituisce testimonianza esemplare di un amore sincero e profondo che, tuttavia, reclama riflessione avvertita ed impegno concreto.
Francesco Sisinni Roma, 2 marzo 2005

Introduzione
Se volessimo seguire l’onda anomala della retorica istituzionale sulla Calabria, avremmo un vastissimo campionario di banalità cui ispirarci: dalla “Calabria più bella delle Hawaii” di repaciana memoria, alla “Calabria, Mediterraneo da scoprire” di una sfortunata campagna pubblicitaria dell’amministrazione regionale. Sfortunata, perché qualcuno pensò bene di replicare ai tanti calendari effigiati dalla solita Cattolica di Stilo, dalla solita colonna del perduto tempio di Hera Lacinia, dal solito scoglio di Capo Vaticano, dal solito Camigliatello by night, con un alternativo, intelligente calendario dal titolo “Calabria Mediterraneo da coprire”, con una foto di scempi ambientali ai danni della regione per ogni mese dell’anno. Una iniziativa, questa, che fece gridare allo scandalo ed al tradimento da parte di quegli stessi politici le cui “opere” costituivano il più perfetto tradimento ed il più sfrontato scandalo che fossero mai stati perpetrati ai danni della Calabria. Se volessimo essere enfatici e ridondanti, dicevo, avremmo davvero tanti precedenti illustri a cui ispirarci. Ma saremmo anche ipocriti. E 25 anni di battaglie ambientaliste contro gli attentati alla natura calabrese, di testardo rifiuto di incarichi istituzionali e candidature politiche, di viaggi pedestri negli angoli più remoti della Regione, non lo tollererebbero. Dobbiamo dirlo chiaro: la Calabria è una delle regioni più disastrate della vecchia Europa, paragonabile, per caos urbanistico, per disordine sociale, per la negazione della bellezza e per il gusto dell’orrido, solo a qualche paese del terzo mondo o dell’est europeo: dove però c’è l’attenuante della mancanza di democrazia e della povertà (quella vera, non quella, altrettanto retoricamente, sbandierata dai nostri politici piagnoni). E dobbiamo ammetterlo con onestà: il peggio lo fanno le stesse amministrazioni pubbliche, cui si accodano, per spirito di emulazione, i privati. Ma davvero non c’è speranza? Davvero, come dice una mia amica, bisognerebbe deportare in massa amministratori ed amministrati (noi compresi) in Svizzera e sostituirli per qualche anno con gli abitanti di quel fortunato paese, per rieducare i calabresi e per risanare la Calabria? La mia ragione mi dice di sì. Il mio cuore invece è incerto, si lascia trasportare dai sentimenti, dall’affetto per le radici, per gli odori dell’infanzia, per i paesaggi visti con gli occhi della maturità, per le amicizie. E’ un cuore troppo cantastorie, come direbbe il poeta Franco Costabile, e vuole illudersi, vuole sperare. Il mio cuore ha la stessa origine genetica di quello di Egidio. I nostri cuori sono gemelli monozigoti, derivano da una stessa cellula. Come i cuori di Mimmo Sancineto e di Giorgio Braschi, per citare solo due dei tanti (o pochi?) fratelli nel sentire di cui è popolata la nostra Regione. Non si arrende al disincanto, al “così va il mondo”, all’opportunismo, alla omologazione imperante, alla perdita inarrestabile di identità e di orgoglio, al populismo che regna sovrano, alla vigliaccheria reciproca che impedisce ai governanti di fare ciò che è giusto ed ai governati di protestare. I nostri cuori continuano a commuoversi, ad esempio, dinanzi alla bellezza senza tempo di quei Piani di Pollino che, come pochi ricordano, dovevano divenire “Pollinia, città delle nevi”, un agglomerato di strade, case, piste da sci ed impianti di risalita: una bestemmia insomma! O dinanzi allo spettacolo indicibile dei pini giganti di Fallistro, che dovevano cedere il posto ad una piantagione di patate! O dinanzi allo splendore delle cascate dell’Amendolea, che spariranno quando l’invaso artificiale del Menta sarà terminato! I nostri cuori si esaltano dinanzi alla maestà della natura calabrese e si deprimono dinanzi agli obbrobri dell’uomo. Ma non smettono mai di stupirsi e di sperare. E stupore e speranza traboccano dai tanti articoli di Egidio apparsi sulla rubrica “Tracce” de “La Provincia Cosentina”: una sorta di cammino, con le gambe e col cuore, nella cultura e nella natura calabresi. Non si scoraggia Egidio, non si arrende. Continua a propagandare la bellezza e l’orgoglio di una terra che non ha altro che sè stessa, le sue valli, i suoi monti, le sue cascate, le sue foreste, quel poco che resta delle sue tradizioni e delle sue opere d’arte. Una terra assediata e quotidianamente vilipesa, ma anche, da pochi,  tanto amata. Tra quei pochi c’è Egidio.
Francesco Bevilacqua, Lamezia Terme 18 gennaio 2005

Presentazione

La Calabria ha un dovere: valorizzare i suoi giovani intellettuali Dinamico, corretto, deciso e tenace proprio come spero sia agli occhi dei lettori de “La Provincia Cosentina”. Questo è, a mio modesto sentire, Egidio Lorito, giovane intellettuale della terra calabra. Quando ebbi l’onore e l’onere della nomina alla direzione di questa testata, non ricordo se mi telefonò per presentarsi: certamente ricordo che venne a trovarmi in redazione con una busta grande e grossa. All’interno c’erano il curriculum e alcuni articoli da lui pubblicati sulle pagine del nostro giornale. Mi colpì molto questo atteggiamento, l’onestà d’intento, la delicatezza del gesto, il rispetto della persona e dei ruoli nonostante, sfogliando di fronte a lui il curriculum, capii da subito che poteva anche vantare una “paternità” verso “La Provincia Cosentina”: vi collabora dalla nascita. Pensai senza dover “sospendere il giudizio”, come consigliano di fare gli antropologi di fronte a persone e cose che non conosciamo, che Egidio Lorito fosse una persona per bene. Si era posto con fiducia nei miei confronti e ovviamente anche di fronte a quello che era il compito che mi aspettava. Mi sentii forte e dissi tra me e me: “con questi ragazzi, con queste energie positive non possiamo perdere, saremo in grado di dare il nostro contributo alla corretta informazione. Anche noi, con queste qualità potenziate faremo parte della storia del giornalismo in Calabria”. Lo dicevo, forte del fatto che la nostra redazione è formata da reporter tutti giovani, aperti, pronti al confronto leale. Sono spesso restia a presentare le persone, ancora più restia tanto più può sembrare una celebrazione. In questo caso, non lo è affatto. Parlo di Egidio che fa parte di quei giovani di questa terra che hanno rinunciato all’emigrazione intellettuale con tanto di know how apprezzato, come nel caso dell’avvocato, anche fuori dai confini della Calabria. Ed è anche per questo che mi compiaccio nello scorrere insieme a voi alcune parole di vita del “cultore” di Diritto Costituzionale. Un giovane che mettesse al centro delle credenze proprie l’amicizia, la famiglia e l’humanitas quest’ultima assorbita dai grandi classici della letteratura nell’era della globalizzazione e della clonazione, può solo indurci ad ipotizzare una società in grado di migliorarsi, nel riconoscimento del diritto delle persone. Lorito è un acuto conoscitore del nostro territorio, e non sorprenda il suo legame con “La Provincia Cosentina”, un giornale che si propone come testimonial della cosentinità, della calabresità, senza perciò stesso essere tribalisti. L’avvocato sogna l’America ma non la scambierebbe con i “Giganti del Fallistro” perché, dice “in Sila le fiabe esistono davvero ed il lupo è cattivo solo nelle favole”. Noi de “La Provincia Cosentina” veniamo a sapere che quanto scritto da Egidio Lorito tra il luglio 2003 ed il settembre 2004 all’interno delle nostre pagine culturali “Tracce”, diventerà un libro: la notizia inorgoglisce l’editore, i direttori (responsabile e editoriale), il caporedattore, l’amministratore unico ed ancor di più i colleghi della redazione centrale ed i nostri uffici di corrispondenza disseminati nei 155 comuni componenti la nostra Provincia. E aggiungete che tutto ciò non può che rafforzare il nostro senso di appartenenza, tenendo sempre presente il globale. A voi lettori de “La Provincia Cosentina” e di “Tracce di Calabria: lo sguardo indietro, il cuore avanti”, di lasciarvi guidare dalla sapiente mano di questo scrittore con sorprendente capacità di interlettura di una realtà che ci appartiene e che non sempre conosciamo. Lascio a voi, di scoprire o riscoprire -e parafraso Piovene- una intelligenza calabrese che non dovrà essere in alcun modo frustrata e costretta a ripiegarsi su sé stessa, come spesso e volentieri il Mezzogiorno italiano ha fatto con le sue eccellenze. A voi di leggere dunque, nell’ottimo italiano di Egidio (nome rigorosamente ellenico, come piace all’autore di ricordare) i contenuti di alto spessore culturale, nella speranza che in Voi possa risuscitare il desiderio di riscatto.
Genevieve Makaping, direttore responsabile de “La Provincia Cosentina” Rende, 20 maggio 2005

Nota esplicativa
Tutti gli articoli di seguito riprodotti sono stati pubblicati sulle pagine de “La Provincia Cosentina” nel biennio 2003-2004. In particolare l’articolo che apre l’opera, “Dino: l’isola dell’Avvocato”, comparve il 28 gennaio del 2003 sulla pagina “Alto Tirreno”, come omaggio che pensai di rendere alla memoria di Gianni Agnelli -l’Avvocato, appunto- scomparso solo qualche giorno prima (all’alba del 24 gennaio, per l’esattezza): il motivo di tale omaggio è facile leggerlo in questo pezzo d’apertura. Nel febbraio di quel 2003, su sollecitazione dell’allora direttore responsabile, Marco Sodano, iniziai a collaborare alla nascente Pagina Culturale, come ampliamento dell’offerta informativa che il nostro quotidiano si era prefissato di rendere ai lettori: insieme ai contributi degli altri colleghi impegnati sulla stessa pagina, redassi otto articoli pubblicati tra il febbraio ed il giugno di quell’anno -qui di seguito riprodotti come “Pagina Culturale”- che, in un certo senso, mi servirono come palestra per il successivo impegno. Questo passaggio si materializzò quando l’allora redazione culturale ideò la rubrica giornaliera “Tracce: la cultura, gli spettacoli, le idee”, ovvero alcune pagine interamente dedicate alla Calabria ed alla provincia di Cosenza in particolare, tese all’approfondimento dei più svariati itinerari: culturali, paesaggistico-ambientali, enogastronomici, musicali, teatrali, poetici. Insomma, mi venne richiesto -e proposi io stesso la più ampia disponibilità, vista una discreta conoscenza della materia- di redigere articoli che rivisitassero la nostra Regione e la nostra Provincia- seguendo quei predetti canoni. Nacquero così le mie “Tracce” che poi avrebbero abbracciato le intere stagioni (Tracce d’Estate, d’Autunno, di Primavera e di Inverno): grazie al coordinamento dell’allora responsabile designata, Bendetta Caira, ed alla collaborazione delle sue preziose colleghe Emanuela Furfaro e Claudia Vaccaro, sono riuscito a produrre 134 articoli che dal primo (6 luglio 2003, “Da Praia a Mare un tuffo tra i monti”) all’ultimo (6 ottobre 2004, “Sila su rotaie. In viaggio nel passato”) mi hanno permesso di ripercorrere luoghi -geografici ed interiori- a me molto cari. L’entusiasmo per quell’avventura si è poi amplificato con la nuova direzione affidata a Genevieve Makaping che, da buona antropologa, ha continuato a stimolare quel costante rapporto tra il mezzo di informazione cartaceo ed il territorio su cui esso, nel caso concreto, un quotidiano, è destinato ad incidere. E crediamo, con grande soddisfazione, di esserci riusciti. Quelle “Tracce”, spogliate ora della naturale collocazione da pagine di quotidiano, rappresentano l’ossatura principale di questa pubblicazione.
Buona lettura!
L’autore

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