Lo scorso 19 febbraio, con una toccante e partecipata cerimonia pubblica, la comunità praiese ha ricordato la figura di Armando Bencardino, studente liceale e giovane promessa dell’allora formazione giovanile dell’Armando Picchi, scomparso prematuramente a diciannove anni il 28 giugno del 1977, proprio alla vigilia degli esami di maturità: la storia del giovane Armando aveva lasciato attonita un’intera comunità, colpita negli affetti pubblici da una vicenda umana e familiare mai dimenticata e che, ora, trova giusta memoria in una stele commemorativa posta lungo il Viale della Libertà, luogo-simbolo della ridente cittadina alto-tirrenica.  Durante quella cerimonia che la famiglia Bencardino aveva voluto che coordinassi, avevo sottolineato come la vita delle comunità sociali, caratterizzate da vicinanza nei rapporti personali, registri avvenimenti che ne segnano indelebilmente la memoria pubblica, considerata uno dei filoni più interessanti nello studio della cultura comunitaria che, da Habermas in avanti, connota la narrazione della sfera pubblica che riguarda le rappresentazioni del passato.

Armando Bencardino era nato a Belvedere Marittimo il 19 febbraio del 1958 per poi trasferirsi con la famiglia a Praia nel maggio del 1968: ragazzo dinamico, Armando frequenta la quinta elementare, le Medie e il Liceo classico, distinguendosi per solarità, generosità,  voglia di vivere e per un’innata disponibilità ad aiutare gli altri, senza dimenticare le qualità sportive come calciatore in forza alla “Polisportiva Armando Picchi”, una sorta di oratorio laico capace di coinvolgere decine di ragazzini del luogo: quel sodalizio portava il nome del calciatore livornese, classe 1935, uno dei migliori liberi nella storia del calcio italiano, che aveva contribuito a rendere grande l’Inter di Moratti ed Herrera tra il ‘60 ed il ‘67 per poi virare nella Juve di Allodi e Boniperti nel 1970, da allenatore, nell’ultimo campionato della sua vita, qualche mese prima che una grave malattia lo strappasse a quella vita a neanche 36 anni.  “Il nostro sodalizio nacque nel 1971 all’indomani della prematura scomparsa di Armando Picchi, grazie ai giovanissimi  Giovanni Lo Tufo, Ernesto e Marcello Pepe, Angelo Maiorana, Leo Cazzolato, Raffaele Poli, Giovanni Iannini, Gioacchino Arcella, Emiddio Torre, Giuseppe Mollo, Antonio ed Egidio Vanni, Cosimo Nicoletti, Riccardo De Lorenzo, Mario Riccardi, Paolo Montemarano, Biagio Spolitu, Biagio Bello ed Armando, ovviamente: dodicenni e quindicenni che alternavano alla passione per il calcio l’impegno nella scuola”, come ricorda Giovanni Oliveto, lucano trapiantato a Praia in quegli anni, che di quel gruppo era il giovanissimo allenatore.   
“Quel gruppo di giovani calciatori  era guidato da forti sentimenti di amicizia ed Armando era  l’amico che univa e motivava lo spogliatoio: era il simbolo della bontà, della lealtà, del rispetto, dell’amicizia, della generosità e la nostra famiglia era diventata una sorta di seconda casa per tutti. Armando era un fratello da prendere ad esempio, un “angelo” evidentemente non destinato a questa terra ma a progetti più importanti e per noi sconosciuti”.  Isabella è la sorella minore di Armando: colpisce la sua narrazione dolce, affettuosa, carica di rimpianti, di occasioni ed esperienze non convissute con quel fratello, lei che il giorno della scomparsa non aveva neanche due anni. Racconta un fratello che non ha mai conosciuto con una lucidità, una capacità ricostruttiva e mnemonica che lasciano senza parole.
Racconta anche di quel drammatico 28 giugno 1977, un martedì, pochi giorni all’inizio degli esami di Stato, fissati allora al primo luglio:  l’ignaro padre Michele  avrebbe cercato invano di svegliare quel figlio che si era addormentato solo qualche ora prima, ed invece un’alba drammatica lo attendeva insieme alla  mamma Maria, al fratello Antonio, alla piccola Isabella, alla comunità locale, ai suoi amici di calci ad un pallone.  La “Fondazione Armando Bencardino”, nata l’anno dopo sotto la guida del compianto avvocato Aldo Nicodemo, sarebbe divenuta un sodalizio culturale finalizzato a perpetuare il ricordo di quel giovane strappato alla vita troppo presto, ricordato, anno dopo anno, con borse di studio riservate agli studenti del Liceo Classico. Dallo scorso 19 febbraio, questo intero ciclo mnemonico è impresso su una stele commemorativa opera del talentuoso artista praiese Salvatore Pepe che la descrive  “composta di una colonna in cemento armato, a base quadrata, rivestita da marmi policromi sui cui quattro lati è riportata la sagoma di una figura umana stilizzata nell’atto di calciare un pallone che nel suo assetto verticale va a simboleggiare la spirale della vita: l’azione è interrotta, sospesa nel tempo della storia e del ricordo. La figura esile, al contempo solida, richiama l’eleganza dell’atleta intento in un assist, lasciando agli altri il compito di continuare l’azione. Girando intorno alla stele si è come assorbiti dall’ascendenza ritmica della figura, quasi interagendo con essa, spingendo lo sguardo dal basso verso l’alto”.
Armando Bencardino, ragazzo mite, è tornato idealmente a calciare il suo ruvido pallone. Quarant’anni dopo.    

Apollinea.  Rivista Bimestrale del Territorio del Parco Nazionale del Pollino
Anno XXI, numero 3 / Maggio  / Giugno 2017   

Praia a Mare, 10/05/2017                                                               Egidio Lorito

P.S.) Nella foto della formazione, Armando Bencardino è al centro, tra gli “accosciati”.