Francesca è nata quando il padre aveva già portato a termine in solitaria il giro del mondo in barca a vela: il suo sguardo rimanda immediatamente a quell’inconfondibile viso, la sua voce spiccatamente lombarda trasmette determinazione e forza interiore.

“Dopo la scomparsa di Ambrogio, forse quasi per una forma di elaborazione del lutto, ho messo mano -con l’aiuto della giornalista Marta Chiavari- ad una serie di riflessioni approdate quest’anno in <Ti aspetto in piedi>(Aliberti 2006), che ripercorre non solo la vicenda avventurosa di mio padre, fatta di spedizioni, imprese al limite della sopravvivenza e record, quanto -soprattutto- gli aspetti più intimi della sua vita: un libro-intervista che racconta il suo lato umano e meno conosciuto, i suoi aspetti personali, quel carattere goliardico supportato da una fantasia senza limiti, un po’ come il suo mondo, che di limiti, proprio non ne aveva;ed in quel suo mondo entravamo noi di famiglia: mia madre, sua madre, io, destinatarie delle tante lettere che ci inviava dalle parti più disparate del mondo, quando si confidava sulle reali possibilità di riuscita di un’impresa. Ed ancora, i tanti interrogativi, la sua spiritualità, l’eredità che ci ha lasciato”.
Suo padre era divenuto l’esploratore-simbolo per la generazione cresciuta tra gli anni ’70 ed ‘80, quella che si era immedesimata in questo baffuto milanese, novello Ulisse, capace di portare la sfida sin dentro al cuore più intimo della natura. E quando il 24 agosto del 2005, Ambrogio Fogar si è spento, con questo grande eroe moderno è svanita una piccola parte della nostra stessa vita: emozioni, ricordi, limiti interiori ed esteriori da superare, sogni che per Fogar significavano distese giacciate e cani-slitta -il mitico Armaduk- vette imbiancate e discese a valle, mari sconfinati e zattere alla deriva. “Jonathan: dimensione avventura” era la trasposizione televisiva di quel suo mondo fantastico, compreso quell’orizzonte infuocato e sabbioso del deserto che il 12 settembre del 1992, durante il raid Parigi-Mosca, lo restituì con la seconda vertebra cervicale spezzata ed il midollo spinale tranciato. Immobilità assoluta e permanente, aggravata dall’impossibilità di respirare autonomamente, fu la drammatica diagnosi: chi non ha visto l’immagine di quella condizione! Francesca ora riporta sul piccolo schermo quell’antico successo televisivo, grazie al quale la natura sarà nuovamente protagonista, animata ancora da distese ghiacciate e cani slitta, da cime alpine e fiumi appenninici, dal vasto mare entro cui si consumarono i sogni di una generazione guidata da quel suo moderno eroe. 


Eco di Basilicata anno V° n. 21
Egidio Lorito