Scrivere un libro significa, quasi sempre, tradurre in parole quello strato sottile e nebuloso della nostra anima che sfugge e si nasconde alla parte sociale del nostro Io”. Di recente, recensendo un libro intenso e drammatico che avrò l’onore e l’onere di presentare a giorni a Praia, mi aveva colpito proprio l’incipit della presentazione, scritta da una donna per un’altra donna, autrice-attrice-protagonista dell’opera.

Quale viatico migliore, quell’incipit, per la mia nuova avventura editoriale: sono ancora all’inizio, ma il materiale è così abbondante che difficilmente potrò rispettare lo spazio gentilmente concessomi dall’editore. E’ uno spazio ricco, intenso, dolce, affettuoso, perché il tema, -i temi che vi affronterò- non possono assolutamente essere trattati con superficialità: l’amicizia, l’amore, gli affetti saranno oggetto di indagine analitica, come un buon ricercatore che inizia ad esplorare territori non del tutto sconosciuti, ma che ora affronta con una diversa maturità introspettiva. Introspezione, dunque: qualcuno, tempo fa, mi confidò che avrebbe iniziato a “guardarsi intorno…” : io ho compiuto il viaggio a ritroso, ho iniziato -anzi, ripreso- a guardarmi dentro, a cercare di capire errori e mancanze, stati d’animo e ritmi di vita, amore ed affetto, amicizie e conoscenze di comodo. In questi ultimi mesi, sottraendo del tempo alle mie attività professionali -attività che ho la fortuna di incentrare su argomenti molti simili tra loro- ho avviato una seria riflessione personale anche sul senso dei rapporti umani, sul costante bisogno di alimentazione e sul perché del loro logorio; ho interrogato a lungo l’Erich Fromm di “Avere o Essere?” ( “si vive, cioè, per avere o si vive per essere?”) come quello de “L’arte di amare” (“la confusione tra l’esperienza iniziale d’innamorarsi e lo stato permanente di essere innamorati”); ma -soprattutto- sto testando sul campo queste mie riflessioni, condotte non certamente nel chiuso di una torre eburnea, ma tra la gente, tra i miei coetanei, tra quegli amici (e sono tanti) che hanno iniziato a seguire questa rubrica quindicinale, rendendosi complici nel fornirmi spunti di riflessione. Come quegli splendidi occhi verdi che rispondono al nome di Chiara che mi hanno affettuosamente scritto: “caro Egidio è vero, non ti dimentichi mai delle persone che ti erano e che ti sono vicine”. E si, perché ormai i lettori telematici di questa rubrica quindicinale si sono trasformati in co-protagonisti di una bella avventura, complici di accorate riflessioni sul senso dei rapporti umani. Come i miei Pink Floyd di “Wish You Were Here”. Ma questa è un’altra storia. Quella del prossimo libro, appunto. 
Anno V° -n. 9 - 1 maggio 2006
Egidio Lorito Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.