Estremamente realista, visto che ormai -anche grazie a questo quindicinale- ho intrapreso la strada del giornalismo civico, quello dell’impegno civile, per intenderci. Qualche lettore continuerà a storcere il naso: spiacente, il compito del giornalista è raccontare, tra cronaca e critica, la verità dei fatti. Ho trascorso la settimana dal 21 al 26 aprile in quel di Torino, città che mi affascina sin da bambino, per essere il luogo di icone di milioni di connazionali: la Juve e la Fiat su tutto.

Da sempre nutro una passione viscerale per quelle maglie zebrate, così come un rispetto ossequioso per le migliaia di lavoratori che -partiti soprattutto dalle regioni meridionali a costo di sacrifici indicibili- hanno contribuito al celebre boom economico. A Torino, nel 2005, persi anche un amore, dopo ben nove anni e mezzo di frequentazione: si era invaghita di un soggetto il cui appeal ed il cui comportamento farebbero la gioia del maestro Dario Argento. Meglio così, perché oggi -sempre sotto la Mole Antonelliana- vive ed insegna il mio nuovo amore -quello vero- fatto di sacrificio, impegno, dedizione per l’educazione, oltre che per la mia persona, a tutto tondo! Lei ed altre colleghe -tutte rigorosamente lucane, campane e calabresi - rappresentano la classe intellettuale di un Italia che -invece- continua a premiare caste e lobbies varie, costringendo giovani intelligenze ad una nuova emigrazione che spoglia le nostre terre di menti-pensanti, con le conseguenze che ben conosciamo. Ho respirato l’aria calcistica e culturale di questa città, la cui storia istituzionale è tra le radici della nostra moderna democrazia: la prima, per la verità, mi è stata piuttosto irrespirabile, vista l’ingloriosa eliminazione della mia amata Juve dall’ultimo appuntamento di una stagione ora deludente; la seconda mi ha visto spettatore-impegnato di un prestigioso appuntamento che va sotto il nome di “Biennale Democrazia. Partecipare attiva(la)mente”: giorni intensissimi, inaugurati dal Presidente Napolitano, incentrati sul tema della Democrazia, con “lectiones” di Amato, Esposito, Fisichella, Lerner, Rusconi, Zamagni, Zagrebelsky, Cardini, Panebianco, Quadrio Curzio, Rodotà, Sartori, Antiseri, Bedeschi, Bosetti, Cassese, Dogliani, Ferrajoli, Galli, Gallino, Pasquino, Pizzorno, Pombeni, Walzer, Veneziani, Salvatori, Fouad Allam,  Touraine. Lo slogan? “Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze”: Norberto Bobbio. Ripenso alla mia Juve, a quelle lezioni, alla mia “Mariatea”…

L’Eco di Basilicata. Anno IX n. 9 - 01 maggio 2009
Egidio Lorito - www.egidioloritocommunications.com