Il coraggio non gli manca per davvero. Di lui sapevo poco o nulla: barese, quarantenne, giornalista professionista, inviato per “La Stampa”, già collaboratore per il “Dario”, “Il Manifesto” e “Micromega”. L’aggancio si era materializzato giusto un anno fa, grazie ai buoni uffici con Laura Marras, eccellente e cordiale addetto stampa della “Aliberti Editore” di Reggio Emilia. E nel 2008, questo ennesimo coraggioso giovane italiano che ho avuto la fortuna e l’onore di incontrare sul mio percorso pubblicistico dopo Roberto Saviano, Luigi De Magistris e Clementina Forleo, sforna due libri: tosti come i Sassi di Matera, cristallini come il mare di Calabria -sempre che uno strano inquinamento non provochi le ire del dio Poseidone- neri come le tante toghe che vi appaiono su diversi fronti, di carattere -come quello “non accomodante, non inciucista, non diplomatico” dei protagonisti delle sue riflessioni e -perché no- estremamente dettagliati.

Perché in circa novecento pagine c’è riassunta, con dovizia di particolari frutto di audizioni del Csm, di verbali resi in numerose procure della Penisola, interviste esclusive, la Storia contemporanea -anzi quasi aggiornata in tempo reale- di un’Italia che sembra proprio non aver perso il vizio della corruzione, del lobbismo, delle scalate bancarie, della delegittimazione a Magistrati, giornalisti e servitori dello Stato. Come se quel ventennio di piombo non fosse proprio servito a nulla;come se i tanti colleghi del campano-calabro De Magistris e della pugliese-lombarda Forleo -caduti sul terreno minato su cui ebbero la sfortuna d’imbattersi- proprio non fossero esistiti! “Il caso De Magistris” e “Clementina Forleo, un giudice contro” sono uno spaccato drammatico, allarmante, paralizzante, inquietante e attuale di un’Italia che non più quella della Milano tutta lustrini e paillettes degli anni ’80: quest’Italia, ora, punta dritta al cuore della Calabria e della Basilicata, ovvero di due Regioni che un tempo quasi tutti credevano molto più distanti dei pochi chilometri di stupende altezze appenniniche che le separano, quelle di ellenica memoria che hanno nel monte di Apollo -il Pollino, appunto- la propria rappresentazione geo-antropologica. Questi due testi sono, innanzitutto, la rappresentazione più vera e più grande di un malcostume contemporaneo che tutti pensavano -e pensavamo- aver dimenticato per sempre nelle nebbie di quella “Tangentopoli” iniziata quasi per caso alle cinque del pomeriggio del 17 febbraio 1992 ma, invece, alla fine mai terminata. Con le pagine di Antonio Massari sembra di entrare a tutta velocità in una miniera da tutta da scoprire...
L’Eco di Basilicata. Anno VIII n. 2- 15 Gennaio 2009
Egidio Lorito www.egidioloritocommunications.com

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