All’indomani dell’ennesima estate spesa a portare il personale contributo alla comunità locale di questo angolo di Calabria e Basilicata ricadente nel Golfo di Policastro, qualche riflessione s’impone, non foss’altro per non disperdere un bagaglio di conoscenze ed esperienze acquisite sul campo, utili per tenere alta la tensione sulla nostra terra. Da una ventina d’anni, attraverso una personale attività pubblicistica, cerco di calarmi nella realtà socio-politica e paesaggistico-culturale del territorio compreso tra la costa calabro-lucana e quell’immenso patrimonio montano che si erge subito alle spalle della stessa linea costiera, capace di regalare -in ogni stagione dell’anno- scorci d’imperdibile bellezza.

Quella stessa che spinse intere generazioni di viaggiatori, dalla fine del ‘700, ad intraprendere lunghi e pericolosi viaggi proprio a sud di Napoli, alla scoperta di una vasta regione che si presentava assolutamente sconosciuta all’opinione pubblica europea, per non dire anche italiana. Ma cosa muoveva questi moderni “globetrotter” ad abbandonare le comodità della vita francese, inglese, tedesca, svizzera, austriaca per incamminarsi -letteralmente- verso l’ignoto, all’epoca rappresentato dall’impenetrabilità dell’area posta al di là del naturale confine della capitale partenopea? La domanda me la pongo continuamente, grazie ad una continua riflessione che mi permette di rimbalzare da un punto all’altro della storia moderna di questo nostro territorio che, dopo aver vissuto all’interno di una condizione di isolamento, sembra faccia ancora difficoltà ad emanciparsi da questo suo scomodo passato. E, questo, nonostante un passato aulico che ha visto protagonista il nostro territorio come luogo di nascita e sviluppo di quella “Magna Graecia” che molti hanno voluto troppo presto dimenticare. So bene che poche righe non basteranno mai per entrare nel cuore del problema, ma sono altrettanto consapevole che questo eccesivo ritardo che ancora la nostra area fa registrare rispetto a standard nazionali, continui a pesare proprio su chi, oggi, vorrebbe impegnarsi con serietà e dedizione per un rilancio definitivo di questo angolo di Calabria e Basilicata. So bene, al tempo stesso, che non basta calarsi nel sistema culturale locale ed investire energie personali e professionali per aiutare sostanzialmente il territorio ad uscire dalle secche in cui è precipitato o -peggio- stato fatto precipitare. So bene che la mala politica (rectius, la mala amministrazione) non solo ha ingessato buona parte del territorio cui rivolgo da anni attenzione ed impegno: ma sono anche più che mai convinto che solo attraverso una martellante attività di promozione socio-politica e paesaggistico-culturale, sarà possibile attirare l’attenzione di che detiene le “leve del potere” a livello locale, regionale e nazionale. Inutile farsi illusioni: se “altrove” basta discutere con gli addetti ai lavori, qui c’è da urlare ai quattro venti, amplificare idee e suggerimenti, strillare per ogni iniziativa, per cercare di far convergere l’attenzione politica. Sorrido sempre più ironicamente quando sento i c.d. politici (anzi, i pubblici amministratori: è più corretto) discettare di rapporti tra pubblico potere e cittadini. Sorrido con ironia, con sarcasmo ed anche con quel pizzico di rabbia perchè continuo proprio a non capirli, nella maggior parte dei casi. Ho detto cose scontate? Sicuramente: ma perché non continuare a dirle. O gridarle?                                                  

L’Eco di Basilicata, Calabria, Campania  
anno X n. 17- 15 settembre 2010                                                                                                                                                                                                                      Egidio Lorito