Mursia, Milano 2009, pagg. 218, € 19,00

“Con il termine strategia della tensione, utilizzato per la prima volta dopo l’attentato di Piazza Fontana, ci si riferisce a una teoria interpretativa che analizza l’insieme delle stragi e degli attentati terroristici italiani avvenuti nel secondo dopoguerra e, con particolare intensità, tra il 1969 e il 1984 e, in misura minore, anche successivamente. Il movente principale di questa particolare strategia è ravvisato nella destabilizzazione della situazione politica italiana.

Partendo da tale presupposto, tra le cause determinanti -soprattutto considerando l’Italia e il più ampio quadro della Guerra Fredda- vi sarebbe stato il tentativo di influire sul sistema politico democratico, rendendo di fatto instabile la democrazia. Numerose ipotesi conducono a indicarne come responsabili degli autori occulti. (…) 150 morti, 562 feriti, 11 stragi. Un numero ancora indefinito di tentativi di strage. Per quindici anni, dal 1969 al 1984, l’Italia è stato un Paese insanguinato dalla logica del terrore. Una logica stragista al servizio di finalità politiche per nulla oscure: il condizionamento della vita democratica di una nazione e la lotta politica concepita come sconto senza quartiere e improntata al ricatto del terrore. Anni passati? Anni che non torneranno mai più?” Con l’esperienza che la contraddistingue come saggista con all’attivo numerose opere su tematiche criminologico-forensi, nelle quali si è occupata di criminalità organizzata, mafia, intelligence -e di cui ha anche scritto una trilogia- Antonella Colonna Vilasi ricostruisce uno dei periodi più bui, misteriosi e controversi della recente storia del nostro Paese, ripercorrendo proprio quel quindicennio che, tra eversione “rossa” e “nera”, ha procurato una ferita ancora aperta nelle nostre stesse coscienze. Realizzato in collaborazione con la “Delia. Promozioni per la cultura” -agenzia letteraria di primissimo piano nel panorama culturale nazionale, diretta da Enzo D’Elia- “Il Terrorismo” reca la prestigiosa prefazione di Piero Luigi Vigna, dal 1997 al 2005 Procuratore Nazionale Antimafia che, dopo aver evidenziato le tre principali direttrici lungo cui si muove la ricerca (la strategia della tensione, l’eversione rossa e quella nera), sottolinea come il testo di Antonella Colonna Vilasi si caratterizzi “per un linguaggio narrativo distaccato che completa le conoscenze anche di coloro che hanno avuto l’occasione di svolgere indagini sul fenomeno terroristico, mediante opportune citazioni testuali di articoli di stampa editi nei vari momenti storici e di documenti, anche di fonte internazionale, che, preclusi un tempo all’accesso, sono diventati via via disponibili grazie all’apertura di archivi riservati”. E non occorre molto per verificare l’estrema attualità del testo che, come sottolinea ancora Vigna, “è testimonianza del fatto che la repressione del terrorismo avvenne, pur fra le notevoli difficoltà incontrate dall’azione investigativa -specie quella diretta a contrastare l’eversione di destra- nel rispetto dei fondamentali principi costituzionali, senza ricorrere alle <<scorciatoie>>propugnate dai sostenitori del cosiddetto <<diritto penale del nemico>>, ma anche perché dà conto, a chi non visse quei periodi, dei percorsi che si sono dovuti compiere per la stabilizzazione del nostro assetto democratico”.
E così, nulla sembra essere sfuggito all’attenta penna di Colonna Vilasi che dopo aver spiegato i termini della propria ricerca, passa in rassegna proprio la lunga e sofferta stagione delle stragi, da Piazza Fontana a Peteano, da Piazza della Loggia al Rogo di Primavalle, da Padova all’Italicus, da Acca Larentia alla Stazione di Bologna: “chi si aspetta risposte, prima di tutto deve chiedersi perché non sappiamo ancora chi sono gli stragisti italiani. Qual’era l’esatto disegno di chi metteva le bombe sui treni, nelle banche, nelle piazze, nelle stazioni? C’è chi dice, in ambienti peraltro assai qualificati, che ormai la trama del terrore che ha avvolto l’Italia è stata svelata. Che ormai conosciamo la verità, anche se non avremo mai tutta la verità giudiziaria. E’ davvero così? (…)”.
Il capitolo dedicato all’ ”Eversione Rossa” passa, facile prevederlo, soprattutto attraverso l’analisi delle “Brigate Rosse, il più importante e longevo tra i gruppi armati italiani: la loro storia si dipana per quasi vent’anni, attraversando e intrecciandosi con la recente storia italiana. In particolare, l’organizzazione fu smantellata in seguito alla promulgazione di una legge che concedeva notevoli sconti di pena ai membri che avessero rivelato l’identità di altri terroristi (…). La base ideologica su cui si fondano è quella del marxismo-leninismo: sono un gruppo sostanzialmente chiuso, rigidamente strutturato, ma non per questo esente da infiltrazioni. La loro struttura era di tipo politico-militare compartimentata e divisa in cellule, a loro volta raggruppate in colonne, sotto l’egida della <<direzione strategica>>. La loro concezione è quella di un’avanguardia di massa che deve illuminare il cammino per il raggiungimento del potere e la costruzione della dittatura del proletariato e del comunismo in Italia”.
Da abile ricercatrice, Colonna Vilasi procede ad una minuziosa analisi proprio di queste “cellule”, di queste “colonne” che formeranno una sterminata galassia capace di attraversare -tra attentati di ogni sorta, sangue e lutti- un periodo fin troppo lungo della storia contemporanea del nostro Paese. Nella tripartizione cronologica tra “propaganda armata” (1970-1974), “attacco al cuore dello Stato” (1974-1980) e “divisione e dissoluzione” (1980-1988), l’autrice compie un viaggio nella nostra memoria collettiva, che parte proprio dalla nascita di quel complesso movimento eversivo, facendo anche propria la celebre ed autorevole ricostruzione di Sergio Zavoli effettuata nel suo celebre La notte della Repubblica: <<Milano, quartiere del Lorenteggio. Nella primavera del 1970 appaiono dei volantini firmati Brigate Rosse. Vi è disegnata una asimmetrica stella a cinque punte inscritta in un cerchio. È nato dunque un progetto di guerra civile, ma l’opinione pubblica non se ne accorge. Lo Stato stesso lo sottovaluta (…)>>. E così, lungo una dettagliata ricostruzione di nomi, date, attentati, Colonna Vilasi ci riporta a quel drammatico periodo dell’eversione rossa, costellata da una scia di fatti criminosi che fanno ormai parte della storia collettiva dell’Italia contemporanea. Il capitolo dedicato all’ “Eversione nera”, ruota tutt’attorno al fallito “Golpe Borghese” ed alla formazione eversiva per eccellenza, i Nar, che conquisteranno il non invidiabile record di seconda formazione armata, per numero di omicidi, della lunga stagione eversiva nazionale.
“Sul golpe Borghese si sono fatte molte ipotesi. Si dice che sia stato usato da una parte dello Stato contro un’altra, un conflitto fra poteri. Ma anche che sia stato usato dalla Dc per rafforzarsi a scapito del MSI, screditandolo attraverso l’ombra della trame oscure dell’ultradestra. O che Borghese sia stato prima favorito e poi scaricato dai suoi amici americani, gli stessi che lo avevano liberato e salvato alla fine della guerra”. Fatto sta che ancor oggi, a distanza di quasi quarant’anni, molti sono i misteri che aleggiano attorno alla figura del comandante Julio Valerio Borghese. Per quanto riguarda i Nuclei Armati Rivoluzionari, nati nell’autunno del 1977, la loro peculiarità può essere sintetizzata nello “spontaneismo, costituito dal mito dell’azione esemplare, fine a sé stessa, dal rifiuto della struttura gerarchica e militare e dal culto dell’amicizia e del gruppo (…). Valerio Fioravanti spiegherà il significato della sigla in questi termini: <<la sigla NAR è stata usata da molti anni inizialmente per semplici attentati di danneggiamento e stava ad indicare soltanto la matrice fascista. Tale sigla peraltro non si riferisce ad un’organizzazione stabile e strutturata, bensì soltanto alla matrice degli attentati>>”.
Anche per questo gruppo di eversione è possibile effettuare una periodizzazione che si suddivide -la prima- tra il 1978 ed il 1981, caratterizzata dall’azione del nucleo storico originario sino all’arresto di Valerio “Giusva” Fioravanti;ed una seconda, tra il 1981 ed il 1983, che segnerà -tra alterne vicende che videro protagonista anche la compagna di Fioravanti, Francesca Mambro- la fine dell’attività dei Nuclei.
Pagine forti, cariche di storia contemporanea, che la nostra contemporaneità, però, non dovrebbe mai collocare nell’oblìo collettivo.